Marzo 12, 2025

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di Giorgio Martino

BUON SENSO – Uno degli ultimi asterischi prima della interruzione si intitolava “Buon senso” in riferimento alle qualità tecniche, umane, morali e psicologiche di Claudio Ranieri, come unica possibilità di frenare il precipizio in cui le scellerate decisioni del duo Friedkin-Souloukou (per non parlare di Tiago Pinto e Ghisolfi), avevano gettato la Roma. Così è stato. Il buon senso ha restituito a squadra e ambiente dignità, fiducia, tranquillità e identità tattica e, di conseguenza, dei buoni risultati culminati col pareggio a Milano e la vittoria nel derby con cui si è chiuso un girone d’andata, comunque negativo per i soli 23 punti fatti.

UNA SQUADRA – “Siamo una squadra” ha più volte ribadito Ranieri. Ed è vero nel senso che ha saputo trasformare in una squadra vera, quella che era ormai diventata un’accozzaglia di calciatori demotivasti, delusi, rissosi, svogliati, disinteressati. 

LEADER DI QUALITA’ – Contrariamente a quanto dicevano gli opinabili opinionisti (per evidente mancanza di opinioni) che volevano buttare nel cesso evocato da Juric, in una delle sue più azzeccate espressioni, sia i vecchi da Pellegrini a Paredes, da Mancini a Cristante, ritenuti “ex giocatori”, che i nuovi come Hummels bollato come “oggetto misterioso” attivo solo nell’uso dei social, Ranieri si è affidato proprio ai calciatori di qualità ed esperienza per farli diventare i leader della squadra. Non c’è un solo leader ma ce ne sono diversi nelle varie posizioni del campo: Hummels nella difesa a tre ben supportato da Mancini e Ndicka che non poteva essere il perno centrale; Paredes e Koné a centrocampo per unire senso tattico, visione di gioco e vigoria fisica; Dybala in attacco perché il tecnico è convinto che la Roma con Dybala sia nettamente superiore a quella senza. E ancora Saelemekers preziosissimo equilibratore della fascia e il recuperato Pellegrini capitano e match-winner del derby.

NON AVEVANO CAPITO NIENTE – Nella settimana pre-derby i famigerati opinabili opinionisti avevano scritto e detto che Ranieri aveva definitivamente escluso Pellegrini dalla storia della Roma. I meno cattivi lo collocavano al Napoli da Antonio Conte che è pur sempre capoclassifica, gli altri avevano sentenziato il fine carriera. Erano gli stessi che avevano rispedito Paredes in Argentina e dirottato Dybala in Turchia se non in Cappadocia o alle Canarie purché andasse via da Roma dove Freidkin doveva risparmiare sul monte ingaggi

MERCATO – Per fortuna Ranieri ha seguito un’altra strada ed ha cercato le sue soluzioni all’interno della rosa, privilegiando, appunto, i calciatori di qualità che già c’erano. Anche perché, a parte i grossi limiti di fair play finanziario che ci sono anche se non si deve dire, non sarà facile migliorare l’organico con le operazioni di gennaio. Andremo avanti con le solite montagne quotidiane di aria fritta in cui entrano nel mirino e spuntano decine di calciatori più o meno conosciuti ma ben segnalati da agenti, procuratori e intermediari a cronisti e cronistelli che si piccano di essere “esperti” di mercato e che ripetono a pappagallo le imbeccate che ricevono spacciandole per notizie. In un tourbillon di piste che si raffreddano proprio quando sembravano a un passo dalla conclusione, mentre la Roma accelera sempre su qualche profilo, vedremo che succederà non solo in entrata ma anche in uscita dove ci sono da ammortizzare le sciagurate iniziative estive di Ghisolfi, o chi per lui.

NIENTE EUFORIA – I numeri con cui la Roma inizia il girone di ritorno escludono ogni tipo di euforia, derby compreso. Il ritardo è pesante, il lavoro da fare duro e lungo anche perché accanto alla consapevolezza che la squadra abbia imboccato tecnicamente una strada giusta e corretta per merito del famoso “buon senso” di Ranieri, restano enormi perplessità sulle intenzioni e sulle mosse di una Società sempre più indecifrabile.

DIN … DON … – Dan Friedkin è il solo campanaro della Roma. Anche se Ghisolfi si affanna a parlare di “scelte condivise”, le decisioni le prende uno e uno solo. Lui suona la campana. Lui dà le disposizioni. Lui impartisce gli ordini. Gli altri non devono condividere: devono eseguire. E se il risultato non è quello da lui ipotizzato, c’è il licenziamento in tronco come avvenuto anche per chi sembrava intoccabile come la Souloukou.

BILANCI – I bilanci della Roma sono impietosi, sia quello tecnico dovuto alla perenne assenza di dirigenti competenti capaci di fare un mercato dignitoso e funzionale alle esigenze della squadra senza affidarsi a maneggioni e intermediari che ti fanno spendere 30 milioni per Le Fée e Sangaré. Sia quello economico che chiama in causa gli amministratori che si sono succeduti per 4 anni chiusi sempre in rosso: -185 milioni nel 2020-21, -219 nel 2021-2022, -103 nel 2022-2023 e -81 nel 2023-2024. Pure quest’ anno nell’indebitamento finanziario del sistema Serie A, tra le posizioni più negative (e onerose in termini di interessi passivi) c’è quella della Roma (insieme a Inter e Juventus). E’ una situazione complessa quella della Roma: oltre 600 milioni di debito e 81 di deficit nell’ultimo anno. Il problema è che il club di Friedkin non riesce a rispettare i parametri intermedi del settlement. L’obiettivo inderogabile del 2025 è migliorare i conti: se ai controlli del prossimo anno il deficit sarà superiore a 40 milioni, l’esclusione dalle coppe 2026-27 sarà automatica. In pratica chi ha diretto la Roma durante tutta l’era della proprietà Friedkin non solo non ha saputo allestire una squadra competitiva ma non ha nemmeno saputo tenere i conti a posto.

TRAPELA – Quando la settimana scorsa la Gazzetta ha pubblicato con un certo risalto questi dati che sarebbero preoccupanti solo per la Roma, non c’è stata risposta né presa di posizione. Al massimo qualche sito ha fatto sapere che “secondo quanto trapela da Trigoria, la situazione non sarebbe così allarmante”.  Trapela? Che vuol dire “trapela”? Per una cosa così grave e vitale per le sorti della Società ci volveva una dichiarazione ufficialissima della proprietà, decisamente chiarificatrice, altro che trapela.

ALIBI E FRESCACCE – Una delle più grossolane frescacce dette per giustificare il vergognoso silenzio della Società di fronte alle malefatte degli arbitri e il mancato appoggio a Mourinho che si batteva come un leone in difesa della Roma e della dignità dei suoi tifosi, era che non si voleva fornire un alibi alla squadra. In realtà così facendo la Roma ha dato un alibi alle istituzioni calcistiche e a un consistente gruppo di astiosi giornalisti ostili in malafede per pregiudizi consolidati nei confronti del tecnico portoghese su cui si è potuta scaricare tutta la malevolenza, tanto la Società non avrebbe detto e fatto niente nonostante Ta-Rocchi organizzasse convegni e tavole rotonde per accusare Mourinho di fomentare le proteste come se fosse l’unico ad esprimere disagio e perplessità per le interpretazioni a scarica-barile tra campo e Var e sempre contrarie alla Roma. Tutte proteste e lamentele che continuano ad esserci anche più virulente come vediamo in ogni turno di campionato per ogni squadra a cominciare da Conte e De Laurentiis, o Gasperini cioè tecnici e presidente delle squadre che guidano la classifica. 

A SCOPPIO RITARDATO – Perfino Ghisolfi quando si è sentito libero dall’opprimente presenza dell’Adrena-Lina, è uscito allo scoperto con una intervista in cui ha annunciato che “Non accettiamo più questo genere di errori e chiediamo di essere rispettati dalla classe arbitrale e dalle istituzioni, soprattutto in un periodo storico in cui le eventuali sviste possono essere “sanate” dalla tecnologia”. Così oggi il tifoso si chiede quanti bocconi amari avrebbe evitato se queste ovvie parole che hanno detto ora, le avessero dette subito, non appena le ingiustizie venivano perpetrate con l’avallo di Ta-Rocchi che si pavoneggiava in radio e tv nazionali pubbliche e private con la complicità di intervistatori compiacenti. Fa quasi rabbia che solo adesso “la Roma chiede esclusivamente equità, uniformità, giustizia”.

SI E NO – L’allenamento al Tre Fontane aperto al pubblico a Capodanno è stata una delle prime iniziative della Roma a beneficio della tifoseria, ma ha confermato quanto la Società ignori la dimensione del fenomeno di passione popolare che c’è intorno alla Roma. Lo stesso numero esiguo di 3 mila e le limitazioni per bambini e adolescenti accompagnati hanno scontentato tanti rimasti delusi. Friedkin (e chi lo consiglia) non ha saputo né voluto comprendere il potenziale numerico che la Roma rappresenta per Roma come emerge anche dal (fantomatico?) progetto dell’impianto di Pietralata assolutamente insufficiente e inadeguato a rispondere alle esigenze di un tifo da grandissimi numeri. Al di là degli entusiasmi sindacali (da sindaco, non da sindacato) e dei ciclici articoli dei patetici giornalisti immobiliaristi che raccontano sempre di una Roma che “accelera”.

EQUIVOCI –  Subito messo a tacere il pasticcio sul nome scritto sulla maglia del centravanti che la Roma aveva pensato di acquistare: Dovbyk capocannoniere della Liga. I dubbi erano emersi per le prestazioni piuttosto fiacche e poi nel secondo tempo di Roma-Atalanta si è capito che il centravanti era un altro poiché sulla maglia c’era scritto “Dobvik”. Battute a parte la Roma dice che non è assolutamente responsabile perché le maglie arrivano già confezionate. Però prima di riporle nel magazzino e prima di distribuirle nessuno le controlla? Chiunque abbia fatto un acquisto on line sa che è bene aprire il pacco e verificare il contenuto quando arriva a casa. Forse bisognerà assumere un Chief Manager Head Official con traduttore incorporato addetto all’apertura dei pacchi dei fornitori.

ABBASSA LE PENNE (E I PREZZI) – L’arroganza con cui, sfruttando l’entusiasmo e l’empatia ritrovati grazie a Mourinho che avevano regalato una collana di “tutto esaurito”, Friedkin aveva aumentato senza pudore il prezzo dei biglietti, non ha portato bene. Unita alle bestemmie tecniche degli ultimi mesi ha provocato un inevitabile crollo di presenze e partecipazione. Adesso fanno ricorso a sconti e promozioni abbassando le penne e anche i prezzi.

SCIATTI O ANALFABETI – Volendo escludere l’analfabetismo per carità di patria e di professione, i giornalisti sportivi italiani sono molto sciatti: continuano a scrivere e parlare di “coreografia” delle curve confondendo l’arte di creare danze e balletti con opportuna scelta di passi da parte del coreografo, con la scenografia che è l’insieme degli elementi visivi di uno spazio scenico, dal palcoscenico di un teatro a un set cinematografico o televisivo, a uno stadio. Confondere chi disegna o costruisce le scene con Carla Fracci, Rudolf Nureev e Roberto Bolle nel Lago dei Cigni, è un po’ come dire che la Divina Commedia è scritta in prosa e I Promessi Sposi in versi. Forse non analfabeti, ma sciatti e ignoranti sì.

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