Gli Asterischi del 7 aprile 2025

di Giorgio Martino
SE NON PUOI VINCERE LE PARTITE – Almeno evita di perderle. Nell’affermazione a fine partita di Claudio Ranieri c’è tutta l’essenza della gara con la Juve e dell’intero modo di interpretare il calcio. La Roma ha spesso dovuto affrontare certi avversari nel momento più sbagliato quando erano al culmine della loro condizione psico-fisica. Così è stato per la Juve che nell’ultimo periodo di Motta si era lasciata andare senza un minimo di concentrazione, e che adesso sta pensando di poter chiudere alla grande il campionato. Quindi si è salvato il salvabile scongiurando la sconfitta di fronte alla più determinata ed aggressiva Juventus di tutto l’anno. Come dicevano i saggi: meglio di un calcio in bocca.
IL CONCETTO RIBADITO – Nonostante Buffon, a differenza dei pigolanti e queroli cronistelli, avesse posto la questione con stile e cognizione di causa, Ranieri ha ribadito l’intenzione di lasciare la Roma a fine stagione. Poi nel consueto giro delle varie televisioni c’è stato pure qualche approfondimento, dal desiderio di andare a conoscere un po’ di mondo dopo averne visto solo aeroporti e stadi, al ruolo futuro che non è di dirigente (impegnato stabilmente in Società) ma di consigliere (che, se richiesto, può dare un parere non esecutivo necessariamente).
SIC STANTIBUS REBUS – Da tutto questo emerge una sensazione di provvisorietà, cioè al momento, se le cose restano così come sono, non ci sono le condizioni per continuare con la Roma. Né come allenatore, né come dirigente. Ma, come avviene per gli eterni lavori autostradali, è come se ci fosse un cartello che dice “Work in progress” con la possibilità di un’evoluzione che, ovviamente, non spetta a Ranieri ma alla Società. Che cosa vuole fare la proprietà? Per certi versi torna alla mente quella fase in cui Mourinho cominciò a sollecitare la Società ad esplicitare le proprie intenzioni. E sappiamo come è andata a finire.
NON C’E’ TRIPPA PER GATTI – Claudio Ranieri da quel gran cultore della Romanità che è, conosce perfettamente l’origine di questo detto che risale ai primi del ‘900 quando il sindaco Nathan per risparmiare abolì l’acquisto della trippa per i gatti che difendevano il Campidoglio e altri siti dai topi. In questi mesi a Trigoria potrebbe aver capito che Friedkin non può o non vuole spendere soldi per la “trippa” e nonostante lui sia stato un perfetto “gatto” che ha salvato la baracca tenendo lontani topi e tutto il resto, non ci sarebbero più tanti margini di manovra. E’ solo un’ipotesi buttata lì ma si adatta sia ai paletti Uefa che dovrebbero limitare l’operatività della Società ridimensionando le ambizioni, sia al suo perentorio rifiuto di considerare un prolungamento del suo rapporto con tutte le conseguenze perché sappiamo bene che quando viene a mancare il gatto, i topi ballano. In ultima analisi: spetta a Friedkin fare una mossa.
I DUBBI DI MENEZ – Intervistato pochi giorni fa, Jeremy Menez, dopo aver elogiato la qualità tecnica e l’aspetto umano di Ranieri, ha mostrato qualche dubbio sul futuro della Roma: dato che la soluzione migliore della permanenza di Ranieri non pare praticabile, Menez spera e si augura che almeno sia lui ad avere voce in capitolo nella scelta. Ma, da come lo ha detto, sembrava che non fosse del tutto certo.
ABBIAMO UN BLITZ – Geghe geghe gè. Sembrava di sentire Rita Pavone la settimana scorsa quando il piccolo coro di voci bianche dei sempre meno probabili fiancheggiatori, aveva preannunciato la presenza di uno se non due Friedkin allo stadioper Roma-Juve. Si favoleggiava di un “blitz”, una toccata-e-fuga, un mordi-e-fuggi come un hamburger da trangugiare al volo senza neppure le patatine, tanti per restare in ambito americano. Ma poi, ci si chiede: perché un presidente di una Società avrebbe dovuto fare un blitz? A un presidente-proprietario americano non si chiede per forza di essere come i sempre presenti Viola e Sensi o, neppure, come Berlusconi, Moratti padre e figlio, Agnelli che si occupavano in primissima persona di Milan, Inter, Juve. Però ammantare di “blitz” quella che sarebbe stata una doverosa presenza è troppo.
CREDUBILITA’ NEL CESSO -Non ha lasciato molte cose positive da ricordare Juric, ma una si: quel “buttare nel cesso” esploso spontaneo e irrefrenabile, ed anche molto appropriato. Si adatta anche alla credibilità dei giornalisti che scrivono e parlano della Roma: “Allegri in pole position”. “Sarri davanti a tutti”. “E’ Pioli l’identikit prescelto”. La perentorietà di ciascuna affermazione che contraddice ed è contemporaneamente contraddetta dalle altre, fa veramente sprofondare nel cesso uno dei principii basilari della professione giornalistica: la credibilità. Con l’aggravante che il giorno dopo chi ha detto “Allegri” dice “Sarri” e poi “Pioli” in una rotazione frenetica priva di fondamento e di rispetto per i lettori e/o ascoltatori. Per non parlare della deontologia che, forse, gli attuali giornalisti considerano una cosa da dentisti.
IL BUE DICE CORNUTO ALL’ASINO – Nella conferenza prima di Roma-Juve, qualcuno della stampa ha provato ad insinuare che Ranieri avesse mentito quando nella precedente conferenza aveva smentito certi nomi di possibili nuovi allenatori. La risposta del tecnico è stata ferma ed inequivocabile: “Guardi che io non dico le bugie”! Ranieri non lo ha detto ma possiamo dirlo noi: se c’è qualcuno che dice bugie, si trova proprio nel gruppo stampa.
TROPPO TARDI TROPPO POCO – Mats Hummels ha annunciato il ritiro dal calcio. Quella giallorossa sarà la sua ultima maglia di una straordinaria carriera. Alla Roma, oltre al piacere di aver avuto nelle sue file un campione come lui, resta il rimpianto di averlo avuto troppo poco perché è arrivato troppo tardi. A parte lo sciagurato errore di Bilbao, ha giocato sempre bene o benino, anche se non è quasi mai stato quel trascinatore che aveva guidato le sue squadre, non solo di club, a grandi successi.
DAHL PASSATO AL FUTURO – Che fine faranno i tanti prestiti, in entrata e in uscita fatti per mancanza di una vera strategia? Il più spinoso è quello doppio col Milan per Abraham e Saelmaekers. Ma c’è pure quello dello svedese Dahl che sta giocando molto e bene nel Benfica. Troppe operazioni fatte senza un vero programma tecnico e lasciate al caso.
QUANDO BERTA FILAVA – Andrea Berta per 12 anni d.s. dell’Atletico Madrid era stato inserito in uno dei tanti “casting” farlocchi che i sedicenti esperti di mercato accostavano alla Roma. Ha firmato per l’Arsenal. Ormai non fila più.
E IO PAGO – Una brutta classifica di spese (o sprechi) vede la Roma al quarto posto in Serie A. E’ quella delle per spese agli agenti nel 2024. Come svelato da un documento della FIGC, il club giallorosso ha sborsato ben 17.108.857,50 euro per pagare le commissioni ai procuratori e la cifra è aumentata dell’11.75% rispetto all’anno precedente (15.311.250,00 euro). In totale le società del campionato italiano hanno sborsato oltre 226 milioni di euro, con una media di circa 11.3 milioni di euro per club e una crescita del 2.7% rispetto al 2023. A guidare la classifica è la Juventus (33.989.949,48 euro), seguita da Inter (24.737.661,00 euro), Napoli (18.184.273,62 euro) e Roma. I club che hanno aumentato la spesa per le commissioni rispetto all’anno precedente sono Juventus (+47,45%), Napoli (+32,41%), Lazio (+16,86%), Roma (+11,75%), Lecce (+61,73%) e Verona (+99,38%). I numeri, nella loro semplice ma non semplicistica aridità, confermano la sensazione di scarsa abilità di chi ha svolto il ruolo di direttore sportivo ed ha agito sul mercato. Più che una vera strategia ispirata alle necessità tecniche della squadra, gli improvvisati dirigenti giallorossi si sono affidati a intermediari ed agenti che, ovviamente, hanno prima pensato ai loro interessi e a quelli dei calciatori che rappresentavano. Questa è l’origine sia di acquisti inutili, sia di contratti onerosi e di troppo lunga durata, oltre che di mancate cessioni, se non in prestito senza alcun beneficio o ritorno per la Roma.
PRADE’ – A proposito di direttori sportivi: all’inizio degli Anni 2000, Franco Sensi assunse un giovane dirigente romano, Daniele Pradè che dopo una proficua gavetta in Società minori, si inserì in un organico ricco di professionalità e competenza lavorando al fianco di Fabrizio Lucchesi e Franco Baldini. Ha preso parte agli acquisti di Samuel, Emerson, Battistuta, Mancini, Dacourt, Panucci, Chivu, Perrotta, Mexes, Doni. Taddei, Pizarro, Vucinic, Riise, Menez, Baptista, Burdisso, Toni, Simplicio, Adriano, Borriello. Prese Spalletti come allenatore. Dopo le “rivoluzioni” americane andò via da Roma lavorando con Fiorentina, Sampdoria e Udinese. A Firenze quest’anno ha portato Guðmundsson, Cataldi, Gosens, Kean, De Gea, Colpani, Edoardo Bove e Richardson, cedendo Nico Gonzàles alla Juventus. Tanto per la storia e per la cronaca.
PECCATO – Nella settimana prima di Roma-Juventus ci sono stati tanti bei ricordi. Il Romanista ha rievocato il 3-0 del marzo ’86 quando migliaia di strisce di carta colorarono lo stadio di giallorosso per uno spettacolo mai visto fino ad allora. Purtroppo hanno scelto il titolo: “La Coreografia dell’86” rovinando tutto col banale errore di confondere la scenografia con la coreografia che, invece, riguarda il balletto e i movimenti di danza. E’ come dire che la Divina Commedia è scritta in prosa e i Promessi sposi in versi di poesia. Sarebbe stato bello (e corretto) il titolo: “La Scenografia dell’86”. Peccato.
CAPELLO E GUARDIOLA – Fabio Capello e Pep Guardiola si sono recentemente scambiati frecciate poco complimentose con le classiche botte e risposte. Non è una cosa sorprendente per chi ricorda che, quando Franco Sensi prese alla Roma il campione catalano nel 2002, l’allenatore Capello, gli fece fare sì e no quattro scampoli di partita, tanto che nel mercato invernale se ne tornò di corsa al Brescia dove aveva stretto un eccellente rapporto con Carlo Mazzone e Roberto Baggio. Per cui non sorprende che Capello abbia duramente attaccato Pep, etichettandolo come presuntuoso e sostenendo che con la sua filosofia di gioco avesse rovinato il calcio. Sorprende di più il giudizio riduttivo sul Totti dello scudetto che correva poco e non aveva dribbling.
… E POI LI ACCOPPIA – Gravina è stato nominato vice presidente dell’Uefa di cui è presidente Ceferin che ha detto di contare molto su di lui: una bella coppia. Gravina. Nel discorso di ringraziamento Gravina, presidente di una Federazione che ha fallito la qualificazione agli ultimi due mondiali e non ha fatto una riforma degna di questo nome, ha avuto l’ardire di affermare che “negli ultimi anni la nostra credibilità a livello europeo è scresciuta progressivamente per le scelte compiute e le politiche coraggiose e innovative”. Ma quali? E pensare che il calcio italiano ha avuto dirigenti come Zauli, Allodi e il grande Artemio Franchi.