Novembre 23, 2024

Jair Da Costa, attaccante, nato ad Osasco di San Paolo in Brasile il 9 luglio 1940, Paulista.
Arriva a Roma in prestito secco nella stagione 1967-68 già carico di successi con l’Inter di Moratti ed Herrera che l’hanno portato in Italia nel 1962. Da protagonista, vince 3 scudetti, 2 coppe campioni e 2 intercontinentali, poi la strana decisione di mandarlo a Roma. Ho cercato di capire il perché e forse, dico forse, l’ho trovato. In quel periodo gli stranieri concessi erano massimo tre e tutti già da tempo in Italia, infatti ci fu la chiusura delle frontiere dopo la disfatta nei mondiali Britannici, Italia Corea del Nord 0-1. Quell’Inter, aveva oltre a Jair, anche Benitez e acquistò Nielsen dal Bologna, non c’è spazio per Jair ma a Roma lo trova eccome.
Alla Roma, l’allenatore è il mago di Turi, al secolo Oronzo Pugliese, capitano è Losi, presidente Franco Evangelisti.
Non è una grande squadra, ma insieme a Jair arrivano due calciatori che poi faranno la nostra storia come Fabio Capello e Giuliano Taccola.
Jair Da Costa, in Brasile chiamato El cabezinho subito tradotto a Roma capoccetta (in effetti aveva una testa più piccola rispetto alla sua struttura) sarà da noi una sola stagione, ma con un paio di episodi importanti. Il primo la nostra vittoria a Torino contro la Juventus per 1-0. Nella mia mente è ancora viva l’azione del gol, Taccola in fuga personale, salta più avversari e poi porge la palla a Capello che di precisione e potenza fa gol. Ginulfi, fece il resto prima e dopo la segnatura. Ma l’episodio che mi ricordo, è quando, qualche minuto dopo il gol al 76’ Jair si involò in contropiede e passò davanti a Pugliese che in pratica lo accompagnò nella sua fuga laterale che ci portò ad ottenere un calcio d’angolo. Episodio forse esagerato, ma quel 5 novembre 1967 vincemmo ed erano 10 anni che non si vinceva in casa loro e quella fu la nostra quarta volta. Quella sera migliaia di tifosi Romanisti tornarono alla stazione Tiburtina con la gioia nel cuore e con la Roma capolista, soddisfazione che sarà effimera ma sono anche questi i momenti da ricordare e tenersi stretti.
Il secondo è invece legato ai suoi gol, che poi sono solamente 2. Fece il primo nella vittoria per 2-1 sulla Fiorentina all’andata e il secondo al Cagliari in trasferta, sempre vittoria per 2-1. Questo di Cagliari fu particolare, era il 24 marzo 1968 e l’altro gol fu di Giuliano Taccola che morirà un anno dopo in quegli stessi spogliatoi che l’avevano visto festeggiare con Jair.
Jair da Costa subì anche una squalifica per una sua reazione a una serie di frasi razziste (già allora si cominciava) e mal digeriva che i tifosi lo chiamassero, qualche volta, Calimero più che altro per copiare una nota pubblicità dell’epoca, ingenua quanto offensiva. A fine stagione, dopo 23 gare e 2 gol in campionato, 1 gara in coppa Italia, 2 gare in Mitropa cup e mettiamoci pure 2 gare e 1 gol in coppa delle Alpi, Jair torna all’Inter facendo in tempo a vincere, qualche tempo dopo, un quarto scudetto, mentre da noi arrivò Benitez. Tornato in Brasile, giocherà a fianco di Pelè e anche qui una particolarità. Vi ricordate i mondiali 1962 in Cile? Brasile campione ma Pelè si infortunò nelle prime gare, subentrò Amarildo che non lo fece rimpiangere, Brasile campione del mondo e in quella Selecao c’era anche un giovanissimo Jair da Costa, campione del mondo senza mai essere sceso in campo, come capitò a Guido Masetti nel 1934.

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