Settembre 19, 2024

Dino Da Costa nato a Rio de Janeiro il 1.8.1931, entra giovanissimo nelle giovanili del Botafogo dove viene fatto debuttare in prima squadra a soli 17 anni e dove resterà fino al 1955 dopo aver disputato la sua migliore stagione nel 1954 conquistando il titolo di capocannoniere del Campionato Carioca (il Campionato dello stato di Rio de Janeiro) con ben 24 gol – con 7 doppiette – su 26 partite. Il 6 luglio 1955 il Botafogo, nell’ambito di una tournée europea che lo vide in campo, oltre che in Italia, anche in Spagna, Francia, Danimarca, Olanda, Svizzera e Cecoslovacchia, carico dei suoi numerosi campioni quali Niltos Santos, Gerson, Garrincha – tutti futuri campioni del mondo – presenta al pubblico romano altri due campionissimi come Luis Vinicio, che entrerà poi nelle fila del Napoli dove poi diventò “O Lione” e proprio Dino Da Costa che il quella partita, finita 3 a 2 per i brasiliani, fu il marcatore del primo gol della squadra ospite per pareggiare il temporaneo vantaggio romanista siglato da Bortoletto. Miglior biglietto da visita col popolo romanista non poteva esserci. 
Dino Da Costa, disputerà in totale con la Roma – in due riprese dal 1955 al 1960 e poi nella stagione 1961/1962 – 149 partite siglando 71 gol in campionato, per un totale di 163 partite con 79 gol. La stagione più prolifica fu quella del 1956/1957 con 22 reti che gli consentì di vincere la classifica cannonieri procurandosi così il soprannome di “Spaccareti”. Quel bel successo personale fu senz’altro aiutato dalla collaborazione del “Pompierone” Gunnar Nordhal, autore anche lui di 13 gol in quella stagione. La vera missione sportiva di Dino Da Costa però, quella che ancora oggi continua ad affascinare il tifoso romanista, fu quella di essere stato per tantissimi anni, fino all’avvento di Super Marco Delvecchio e, ovviamente, del nostro leggendario Capitano, il vero “Castigalaziali” con le sue 12 reti, con la 13ma contestata perché archiviata come autogol di Janich, con una vittima designata: del portiere laziale Bob Lovati. Così Da Costa raccontò: “Non so spiegare cosa mi accadeva quando giocavo contro i cugini, né so perché riuscivo a segnargli con una puntualità quasi sconvolgente. Però era quello che succedeva e ancora oggi, a molti anni di distanza, sono fiero che sia accaduto, una bella abitudine che, ogni volta che c’è il derby, mi fa ricevere tante telefonate affettuose da Roma. Il bello è che dopo tutte quelle reti che gli avevo infilato, Lovati finì col subire così tanto il mio complesso da sembrare quasi rassegnato a prendere i miei gol” (Miti giallorossi – F. Bovaio – Ed. Attualità.it – pag.41).
Ma si vede che lo “scontro sportivo” Da Costa – Lovati era già stato stabilito da sempre dagli dei del pallone. Infatti, sempre nella citata tournée europea del 1955, il 30 giugno, il Botafogo affrontò a Torino una mista Toro-Juve nel vecchio stadio di Via Filadelfia. In quella occasione… si materializzarono segnali più che certi del destino di Dino Da Costa alla Roma. All’inizio del secondo tempo, su risultato do 0-1 per il Botafogo, tra i pali della mista torinese comparve infatti nientemeno che Bob Lovati, che la Lazio aveva acquistato l’anno precedente per cederlo subito in prestito al Torino. Prima ancora che rientrasse nelle file biancocelesti, nelle quali avrebbe incassato ben 12 dei 13 gol – o 11 dei 12 gol – che Da Costa rifilò in pochissimi anni alla Lazio, Dino impiegò appena 8 minuti per presentare le sue credenziali al lungo portiere milanese, mettendogli nel sacco il secondo dei quattro gol, a zero, con cui la partite si concluse… (Quel tredicesimo gol…:io e il derby. Come divenni l’incubo dei laziali – D. Da Costa/C.M. Mossa – Ed. Libreria Sportiva Eraclea Roma 2012).
Grazie alla sua origine italiana, ed una volta acquisita la cittadinanza italiana, fu convocato in Nazionale come “oriundo” e nel gennaio del 1958 disputò l’unica partita in azzurro, quella persa con l’Irlanda del Nord 2-1, siglando comunque l’unico gol italiano. Con quella sconfitta l’Italia non si qualificò per i Mondiali del 1958.
Tecnicamente possente, elegante, poderoso col tiro al fulmicotone, era un incubo per i difensori avversari tanto da indurre Pasinati, allenatore della Triestina, per l’occasione di Roma-Triestina del 17 marzo 1957 ad obbligare a “marcare stretto senza lasciargli un centimetro al brasiliano” il suo numero 7 Clemente il quale si rese protagonista, suo malgrado, di un simpatico siparietto. Mentre il gioco si sviluppava Da Costa raggiunse la fascia laterale sotto la Tribuna Tevere e vide un pezzo di giornale che il vento aveva spinto sul campo di gioco. Lo prese, sembrando interessato a leggerlo, e si accomodò in terra. Sdraiato iniziò a leggere ma il povero Clemente, imbarazzato, restò accanto a lui al grido di: gli ordini non si discutono mai! 
Della sua carriera da allenatore, dopo aver allenato l’Ascoli ed una serie di giovanili tra cui la Juventus ed il Verona, si ricorda in particolare la sua avventura al Sacrofano, con quale disputò i campionati di Prima Categoria e Promozione, perché riuscì a far ingaggiare il suo vecchio compagno di tante battaglie col Botafogo, il sogno sportivo irrealizzato di Juventus e Inter, Manoel Francisco dos Santos detto Garrincha ormai caduto in condizioni di indigenza e degrado.
Ora “Spaccareti”, all’età di 89 anni vive a Verona e ancora oggi viene invitato dai Roma club come ospite d’onore grazie alla sua indimenticabile storia romanista. Ricordiamo in particolare le sue visite al Roma Club Città di Castello nel 2014 e la sua partecipazione alla festa del Roma Club Treviso nel 2019 in occasione dell’intitolazione dello stesso Club proprio al grande Da Costa. L’evento fu decisamente particolare anche per la partecipazione del Sindaco e l’Assessore alla Cultura di Mogliano Veneto e del Parroco dell’Arcipretale di Santa Maria Assunta che ha benedetto il nuovo striscione.

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