Alfredo Welby
Nonostante il cognome, Alfredo era romano di Roma, probabilmente nato nel quartiere Flaminio e il suo cognome è dovuto alla nascita scozzese di suo padre, come dichiarò direttamente a Massimo Izzi in un’intervista del 1994, a quasi 70 anni dalla sua unica partita in serie A con la maglia della Roma.
Alfredo nasce il 16 dicembre 1910 e presto entra nelle giovanili del Roman, squadra fondata da residenti stranieri in particolar modo di origini britanniche e da alcuni nobili romani. Forse in questo lo ha aiutato l’essere di padre scozzese. Segue tutte le trafili giovanili e, al momento della fusione del 1927, entra a merito tra le giovanili della As Roma, categoria allievi, ha meno di 17 anni.
Nei campionati giovanili, essendo dotato di un fisico già eccellente, qualcuno lo paragona a Primo Carnera, si pone come centromediano, all’epoca ruolo di difesa ma anche di rilancio, perno del gioco.
Si mette in evidenza e il mister Herbert Burgess, nativo di Manchester, lo nota e lo fa esordire in una trasferta in casa della Juventus, era il 1° maggio 1930, di certo in quei tempi non festeggiata e il nostro Alfredo è ancora lontano da fare i 20 anni. La mediana Romanista è Degni, Ferraris, Welby. In campo anche Fulvio Bernardini, Welby sta nella storia. Si perde 2 a 1 dopo che Fasanelli ci aveva portato in vantaggio, poi Zanni e il mitico Cesarini danno la vittoria ai bianconeri.
Non sappiamo se abbia giocato bene o male, sicuramente la Roma ha una mediana folta e ricca di campioni e a fine stagione lascia partite Welby per una carriera che farà inizialmente in Calabria, alla Reggina prima al Cosenza poi. Nel 1936 lo ritroviamo alla Mater dove smette di giocare nel 1938, l’anno prima dell’arrivo di Fulvio Bernardini anche Lui nella seconda squadra, di allora, di Roma a finire la carriera, la terza era la Lazio.
Finisce di giocare presto e inizia una vita diversa che lo porterà ad avere un dramma che, personalmente, ho parzialmente seguito perché il tutto si è svolto nel quartiere dove Alfredo era andato a vivere, Cinecittà Don Bosco.
Alfredo e sua moglie hanno il 26 dicembre 1945 il dono di un figlio che chiamano Pier Giorgio. Sembra sin da piccolo la copia del papà, fisico possente e magari il pensiero va a un futuro di calciatore, più forte del papà. Ma già dall’adolescenza arriva l’ombra di una maledetta malattia, distrofia muscolare, in quegli anni ancor più oscura d’adesso. Per i genitori è un calvario, il giovane Pier Giorgio è destinato a morire presto, così sentenziarono i medici ma non sarà così. Pier Giorgio entra nelle cronache anche estere per la sua combattività contro la malattia, fa uso di droghe contro il dolore ma dipinge e scrive entrando nei titoli del New York Times. Intanto si sposa con l’altoatesina Mina.
Il 14 luglio 1998, Alfredo muore, Pier Giorgio ha 53 anni e continua a combattere contro la malattia che allo stesso tempo gli ha fatto perdere l’uso delle gambe e costretto più volte all’emergenza respiratoria.
A questo punto inizia una battaglia per la sua eutanasia, sorretta dai radicali ma anche da chi, nel quartiere, lo conosceva per la sua vitalità intellettuale a fronte della sua impossibilità a muoversi.
Il 20 dicembre 2006, a 61 anni, Pier Giorgio raggiunge il papà, si era staccata la spina che lo teneva in vita, se vita si poteva chiamare.
Il 24 dicembre 2006, davanti alla chiesa di Don Bosco ci furono dei funerali Laici, la stessa dove salutammo Luisa Petrucci. Di più non si poteva fare.
Auguri Alfredo.
Roberto Cerrone UTR
p.s. nelle foto calcistiche, Alfredo pioniere del calcio. L’altro il figlio Pier Giorgio ai primi tempi della malattia.