Settembre 16, 2024

Quindici maggio, i nostri auguri di buon compleanno sono rivolti a Franco Selvaggi, nato a Pomarico, in provincia di Matera, il 15 maggio del 1953: e sono auguri giallorossi!

Due sole partite in Serie A e una in Coppa Italia, nel 1973-74, in maglia giallorossa: a soli venti anni, troppo presto, Selvaggi era arrivato in giallorosso, ancora lontano dalla maturazione che, progressivamente, lo ha portato ad affermarsi.

Alla Roma, allenato prima da Manlio Scopigno (con lui l’unica partita in Coppa Italia a Novara, nel girone eliminatorio pre-campionato), poi da Nils Liedholm chiamato dal presidente Gaetano Anzalone alla prima panchina delle sue quattro esperienze da trainer giallorosso.

Arrivato insieme a Pierino Prati, Franco Selvaggi fu condizionato da un lungo infortunio e non trovò spazio, in un anno in cui il Barone scoprì e lanciò in serie A a nemmeno 19 anni Bruno Conti e in cui fece 8 presenze l’altra stella del 1955, il nostro grande Agostino Di Bartolomei.

Con il numero 10 Nils Liedholm aveva schierato Selvaggi contro il Foggia, nel girone di ritorno, quando la Roma vinse 3-0 cogliendo la terza vittoria consecutiva che l’aveva allontanata definitivamente dalle zone basse della classifica; Ezio De Cesari, sul Corriere dello Sport, definì promettente l’esordio di Franco Selvaggi, notando il coraggio nel tirare in porta.

Selvaggi giocherà poi, da titolare, con il numero 7, all’ala, l’ultima di campionato, due mesi dopo, a Cesena (1-1).

Dopo la fugace esperienza in giallorosso, successiva all’esordio in serie A nella Ternana del gioco corto di Corrado Viciani nel 1972-73 (debutto contro la Fiorentina allenata proprio da Liedholm che aveva lanciato Antognoni a soli 18 anni in prima squadra) con dodici presenze e un gol alla Juventus segnato a Dino Zoff, Franco Selvaggi iniziò da capo la sua vera carriera da professionista.

Tornato alla Ternana, fu il Taranto (in serie B) a credere in lui; i cinque anni con il Taranto (146 presenze, 22 gol dal 1974 al 1979) sono stati la sua gavetta, la sua maturazione, la sua crescita.

Selvaggi era ancora alla ricerca della consacrazione, non ancora legata a un ruolo chiaramente definito (prima o seconda punta? Giocatore di profondità o mezzala di fantasia?).

A Taranto, non era centravanti; come centravanti lo raggiunge nel 1976 l’indimenticato Erasmo Iacovone, a cui è ora intitolato lo stadio della città pugliese.

Allora Selvaggi era già il beniamino del pubblico quando in particolare nel il Taranto sfiorò la promozione grazie all’intesa di Franco Selvaggi, schierato da mezzala (oggi diremmo da trequartista, chissà perché ora gli interni di centrocampo vengono chiamati mezzala) con il nuovo bravissimo centravanti.

Erasmo Iacovone, classe 1952, cresciuto nelle giovanili della Roma, è anche lui in crescita, si sta affermando insieme a Selvaggi e al Taranto nel 1977-78, in lotta per la promozione, quando rimane vittima di un incidente stradale causato da una autovettura guidata a fari spenti, inseguita dalle forze di polizia.

La tragica, improvvisa scomparsa di Iacovone spezzerà dolorosamente il cuore di tutti, e influirà sulle possibilità di promozione del Taranto.

Nell’indimenticata esperienza a Taranto, dove Franco è tuttora ricordato con grande affetto dai tifosi, Selvaggi mette in mostra la sua classe legata al suo piedino che calzava il 38, capace di indirizzare la palla con la disinvoltura dei grandi talenti, giocando con entrambi i piedi e incantando per dribbling, lanci, gol di pregevole fattura.

Mezzala, ala, seconda punta: alla fine Franco Selvaggi diventa attaccante, sì, dotato di grande tecnica, guizzante, capace nella manovra e nell’assist, nel tiro in corsa e anche spesso nel gioco aereo pur non essendo un gigante.

Leggero e potente, sgusciante e incisivo, un grande giocatore (Pietro Vierchowod dichiarò che per lui era un impazzimento marcare Franco Selvaggi…Vierchowod!), maturato a poco a poco; e poi sorridente, simpatico, positivo.

La definitiva trasformazione in centravanti avvenne dopo il Taranto, a ventisei anni, quando arriva la chiamata della Serie A: a sceglierlo per il Cagliari neopromosso fu Gigi Riva, che di attaccanti se ne intende e se ne intendeva.

In tre stagioni al Cagliari (1979-1982) Franco Selvaggi segna ventotto gol, di cui dodici come quarto marcatore assoluto in serie A già nel 1979-80 al debutto con gli isolani (in quegli anni di marcature rigide a uomo – a parte la Magica Roma del Barone che cominciò a cambiare il corso di tutto il calcio italiano – le medie gol erano molto più contenute).

Nel corso del primo anno, una domenica – era il 3 febbraio del 1980 – sugli spalti del Sant’Elia comparvero centinaia di bandiere rossoblù. Rossoblù del Cagliari? Ma no! Erano bandiere del Taranto, di tanti tarantini della Marina Militare Italiana, di base a Taranto, provvisoriamente in servizio nel porto di Cagliari dopo alcune esercitazioni nel Mar Tirreno.

Franco Selvaggi, galvanizzato da quella dimostrazione (a Selvaggi venne consegnata anche una medaglia d’argento dai tifosi tarantini), segnò quel giorno una splendida doppietta all’Udinese (3-1 per il Cagliari) ed entrò definitivamente nel cuore dei tifosi sardi, realizzando in quel momento la definitiva affermazione come uomo gol (nelle ultime undici giornate realizzò otto gol).

Le tre stagioni al Cagliari, oltre al soprannome di Spadino attribuitogli dal portiere Bravi, gli sono valse l’ingresso nella Hall of fame del Cagliari, e lo consacrarono fino a fargli raggiungere la nazionale, prima giocando da fuori quota con l’Under 21 (due gol, contro il Lussemburgo, in due partite) e poi debuttando con la Nazionale maggiore a Udine contro la Germania Est (3 partite in totale, tutte nel 1981-82).

Nel 1982 Enzo Bearzot lo convoca per i Mondiali di Spagna, e Franco Selvaggi viene preferito al nostro bomber Roberto Pruzzo, troppo ingombrante per fare la riserva a Paolo Rossi.

Selvaggi non giocherà in quel Mondiale ma a tutti gli effetti fa parte della rosa campione del mondo: scherzando, si assegna il merito di aver condiviso la stanza con Marco Tardelli, spesso insonne per esubero di tensioni agonistiche.

Era pronto, a 29 anni, a fare un altro salto, per giocare nel Toro ambizioso di quegli anni insieme a Borghi e a Walter Schachner, attaccante proveniente dal Cesena, dotato di una progressione inarrestabile e di una potenza travolgente.

Selvaggi è in quella meravigliosa formazione del Toro che segnando tre gol in sei minuti alla Juventus di fatto il giorno mese anno consegnò gran parte del tricolore alla Roma di Liedholm, che quel giorno pareggiò a Firenze per 2-2.

In due anni al Toro, Selvaggi segna quindici gol in cinquantasei gare in serie A.

Nel 1985 raggiunge Zico a Udine, gioca venti partite segnando 5 gol.

Quell’anno nel girone di ritorno, l’Udinese di Zico e Selvaggi attendeva il Milan di Liedholm (ricorrente, il Barone, nella carriera di Selvaggi!).

Lo ricordiamo perchè quella è stata la partita di esordio di Paolo Maldini, che giocherà più di 23 anni in serie A. Selvaggi giocava in coppia con Carnevale e decise inizialmente di giocare prevalentemente a destra, proprio dalla parte del sedicenne Maldini, lanciato da Liedholm a sedici anni (Capello, allora allenatore di Paolo nella Primavera, ha detto di essersi molto stupito di quella convocazione, assegnando a Nils Liedholm il merito e il coraggio nell’aver fatto esordire Paolo Maldini giovanissimo).

Dopo qualche minuto Selvaggi propose a Carnevale di scambiare le posizioni, perché aveva capito subito che Paolo Maldini era già un fenomenale giocatore: così Selvaggi poté mettere a segno un gol di rara bellezza e tecnica, mettendo a sedere mezza difesa.

A 33 anni è l’Inter a volerlo: qui trova come compagno Karl-Heinz Rummenigge, rimane una sola stagione in nerazzurro, con sole 7 partite, e prelude all’ultimo campionato in serie B, nel 1986-87, alla Sambenedettese, con 9 gol in 26 giornate.

Nel 1987, questo bravo e simpatico calciatore, appende gli scarpini al chiodo.

In quell’anno viene nominato presidente del Matera dai nuovi proprietari del club, iscritto al campionato Interregionale e poi coinvolto in una controversa vicenda, e retrocesso per inadempienze della vecchia proprietà.

Successivamente Franco Selvaggi intraprende la carriera da allenatore.

Prima a Catanzaro (1992-93), poi a Taranto finito nei Dilettanti dopo il fallimento (1994), a Matera in serie C2 nel 1996 per sole due partite, poi cercando l’impresa disperata subentrando a Castel di Sangro (in serie B nel 1998) e a Crotone nel 2002, dove risolleva squadre ormai retrocesse con bellissime prestazioni: queste le sue panchine.

Nel 2008, per un paio di mesi è vice presidente e responsabile dell’area tecnica del Taranto.

Franco Selvaggi, inoltre, è stato docente della Scuola allenatori del Settore tecnico FIGC, capo-osservatore al Cagliari, capo delegazione dell’Italia U-16; è tuttora presidente onorario della Coppa Gaetano Scirea – la lealtà nello sport, importante torneo giovanile che si gioca ogni anno nel mese di giugno allo stadio XXI Settembre di Matera.

Oggi ripensiamo a quel ragazzino che passando per la Roma è stato protagonista di una bella carriera, al campione del mondo che ha giocato con Zico e Rummenigge, a uno dei due soli calciatori lucani ad aver vestito la maglia azzurra: tanti auguri a Franco Selvaggi, auguri giallorossi naturalmente!

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