Novembre 24, 2024

Di Manuela Travaglini

Il “Principe” Giuseppe Giannini, nato a Roma il 20 agosto 1964. Cresciuto nel quartiere africano dove il papà Gildo, appena scomparso, gestiva un bar. Iniziò a giocare da piccolissimo e all’inizio venne soprannominato “er paperella” per la sua postura e perché, anche su campi fangosi, non cadeva mai. Dopo qualche anno si trasferì a Frattocchie dove iniziò a giocare sui campi della parrocchia San Giuseppe e poi in quelli del Santa Maria delle Mole. Col Frattocchie partecipò al torneo di Ciampino e la sua squadra vinse la finale contro l’Almas grazie proprio ad una sua doppietta. 
Amava dribblare gli avversari, fare tunnel e segnare. Il calciatore al quale si ispirava era un certo Gigi Riva. Andò in prestito al Bettini Quadraro con il quale partecipò ad un torneo internazionale in Francia, aveva solo 13 anni e giocare la finale al Parco dei Principi di Parigi fu per lui un’emozione incredibile. Qualche mese dopo il torneo, venne acquistato dall’Almas e iniziò a giocare nelle categorie degli allievi regionali e con loro vinse uno scudetto, un campionato europeo livello Juniores Under 16 ed iniziò ad attirare le attenzioni di molti addetti del settore. Arrivò la prima proposta importante, quella del Milan. Fece un provino a Milanello per qualche giorno, ma tornò presto a casa con la maglietta numero 10 ricevuta in regalo da Rivera che aveva notato il suo talento. Giunse anche una proposta della Lazio formulata dal suo DS di allora Luciano Moggi, proposta respinta e che non si concretizzo’ anche perché Moggi fu sollevato dall’incarico. Il passaggio definitivo di Giannini alla Roma avvenne grazie a Giorgio Perinetti che all’epoca era il responsabile del settore giovanile giallorosso e che aveva notato le sue qualità.
Perinetti cerco’ con insistenza di convincere il presidente Viola ad acquistare il ragazzo.
Dopo vari tentennamenti il presidente Viola acconsentì e firmò il contratto per opzionarlo. Giannini venne prelevato dall’Almas per la cifra di 40 milioni, cifra molto importante per l’epoca, era infatti il 1980.
Giannini venne convocato un pomeriggio a Trigoria, gli consegnarono il materiale tecnico e fu inserito per una partitella amichevole d’allenamento contro la squadra Maggiore. Venne affiancato da Benetti che successivamente sarebbe diventato suo allenatore nella squadra primavera. Di fronte aveva campioni del calibro di Falcao e Cerezo, tutto questo sotto l’occhio vigile di Mister Liedholm “Il Barone”. Peppe si divideva tra la squadra primavera e la prima squadra. Durante la settimana si allenava con la squadra Maggiore, mentre il fine settimana lo passava con la Primavera con la quale giocava le partite di campionato. Il suo esordio in serie A non fu fortunato. Avvenne Il 31 gennaio 1982 nell’incontro casalingo con il Cesena. La Roma perse 0:1 proprio a causa di un suo passaggio errato a Falcao. Questo errore gli costò la permanenza in prima squadra, tanto che venne rimandato nelle categorie minori.
Nella squadra Primavera Giannini si mise in mostra come una grande mezza punta, un centrocampista d’attacco, aveva i tempi giusti per gli inserimenti e giocava in sintonia con tutti i compagni di squadra, aveva le qualità del campione vero.
Ogni tanto veniva richiamato per qualche allenamento in prima squadra, ma mister Liedholm era molto scaramantico e difficilmente dava una seconda possibilità.
Passavano gli anni e Giannini veniva sempre più spesso indicato da molti come l’erede di Falcao. In realtà questa definizione a lui non piaceva perché voleva essere se stesso, voleva evitare questo paragone ingombrante, ma fu proprio in Falcao che Giannini trovo’ un supporto importante. Il “Divino” aveva sempre molti consigli da dargli, l’aveva preso a benvolere e quindi per Giannini era diventato un vero punto di riferimento.
Dopo qualche altro anno di gavetta, nell’aprile dell’84, Giannini tornò in prima squadra contro l’Avellino.
Alla fine di quel campionato il barone lasciò il posto in panchina a Sven Goran Eriksson al quale piaceva molto Giannini e lo riteneva un giocatore perfetto per tenere uniti i reparti in campo.
Nell’84-85 la squadra volò a Torino per l’incontro con la Juventus, fu allora che Falcao, infortunato, nominò Giannini suo erede, anche in considerazione del fatto che la sua carriera stava giungendo al termine.
Giannini realizzò la prima rete in Serie A della sua carriera sostituendo proprio Falcao in quella partita.
Aveva un’ottima visuale di gioco, nonché un’innata eleganza nei movimenti. Quest’ultima qualità unita al suo tenere sempre la testa alta gli valse il soprannome di “Principe”, datogli inizialmente da Odoacre Chierico.
Questo appellativo a lui non andava a genio perché da alcuni era interpretato in maniera negativa, alcuni pensavano che Peppe fosse una persona superba e presuntuosa, cosa tra le più bugiarde in assoluto!
Giannini si mise sempre più in luce e iniziò a ricevere le prime chiamate in azzurro dal CT Vicini.
Ogni tanto aveva qualche dissapore col presidente Viola che comunque credeva ormai in lui, arrivando addirittura a rifiutare offerte importanti ricevute dal Milan e della Juventus.
Il presidente Viola era convinto che con le sue qualità Giannini incarnasse perfettamente la romanità, come suoi illustri predecessori Bernardini e Ferraris IV, ed anche per questo gli venne assegnata la fascia da capitano.
Giannini fu allenato da vari mister. Dopo Eriksson arrivò Radice e poi Ottavio Bianchi.
Oltre ad essere il capitano era un leader carismatico, il punto di riferimento per la squadra, ma nonostante ciò con Bianchi il rapporto non fu dei migliori. Nel gennaio del 1991 arrivò poi uno dei periodi più tristi per il capitano: la scomparsa del presidente Dino Viola a cui era profondamente legato. Nonostante la conquista della Coppa Italia, l’anno successivo il rapporto col mister si incrinò irrimediabilmente, al punto che gli venne ritirata la fascia da capitano.
Giannini non ha mai avuto un carattere semplice tant’è che era riuscito a spaccare a metà la tifoseria, la piazza, l’ambiente. Giannini o era amato follemente o era odiato follemente, non c’erano vie di mezzo.
Nonostante la situazione alla Roma non fosse delle migliori, Giannini trovò soddisfazione nella nazionale, dato che il Commissario Tecnico Vicini apprezzava molto le sue qualità e lo convocava.
Fu proprio durante un ritiro in nazionale che arrivò una proposta importante che l’avrebbe probabilmente allontanato dalla Roma per sempre. I suoi compagni di squadra Mancini e Vialli premevano per portarlo con loro alla Sampdoria allenata da Boskov.
Vista la situazione poco idilliaca, Giannini era molto tentato, ma il cuore prese il sopravvento e decise di rimanere alla Roma.
Durante i mondiali di Italia 90, fu uno dei grandi protagonisti con la maglia della nazionale con la quale conquisto’ il terzo posto. Fece parte della Nazionale fino all’anno successivo, quando Vicini fu sostituito da Arrigo Sacchi che lo tolse definitivamente dalla rosa.
Dopo la scomparsa del presidente Viola e dopo la temporanea presidenza della signora Flora, arrivò il breve periodo della Presidenza Ciarrapico che era un grande estimatore del Principe. Successivamente ci fu la presidenza Sensi/Mezzaroma, fino al definitivo passaggio a Sensi.
I rapporti di Giannini col presidente Sensi furono altalenanti. Finché il 16 marzo del ‘94 Giannini sbagliò il rigore nel derby contro la Lazio che vinse la partita.
Le esternazioni del presidente furono pesanti: “Chi sbaglia un rigore contro la Lazio non è degno di vestire la maglia della Roma”. Era l’inizio di una frattura.
Gli ultimi anni di Giannini nella Roma furono sotto la guida di Carlo Mazzone con il quale instaurò un ottimo rapporto di stima reciproca. Impossibile, accostando i loro nomi, non ricordare la vittoria eclatante nel derby del novembre 1994 per 3:0, con l’immagine del principe sotto la curva che segnava il 3 con le mani e la corsa irrefrenabile del Mister al settimo cielo. Chi non ricorda, poi, con emozione l’incredibile, ma inutile, rimonta del ’96 in coppa Uefa contro lo Slavia Praga? La corsa dopo il gol di Giannini rincorso e abbracciato da un giovanissimo Francesco Totti (indicato da Giannini come suo successore, proprio come avvenne per lui con Falcao) è ancor oggi negli occhi di tutti i tifosi che vissero quel periodo.
Giannini terminò la sua carriera alla Roma nel ’96. Il 12 Maggio di quell’anno all’ultima di campionato non fu presente per somma di ammonizioni, nella curva sud apparve uno striscione con su scritto: “Solo chi la ama e chi soffre per la maglia ha il diritto di onorarla… per sempre grazie capitano!” Il suo sogno di salutare degnamente durante quella partita i suoi tifosi non si poté realizzare.
In seguito, in rotta ormai con la società di cui non sentiva più la fiducia, andò a giocare un anno nello Sturm Graz in Austria e alla presentazione si mostrò con la sciarpa della Roma al collo sopra alla divisa bianconera della squadra austriaca. Segno indiscutibile del grande dispiacere che provava nel dover andare via dalla Roma. Rientrato in Italia, Mazzone insistette per averlo con sé al Napoli ed infine si trasferì a Lecce contribuendo con le sue ottime prestazioni a riportare la squadra in serie A.
Impossibile, infine, non ricordare la sua partita d’addio all’Olimpico. Era il 17 maggio del 2000, si erano riunite le vecchie glorie della Roma e della Nazionale.
Giannini giocò il primo tempo con la maglia della Nazionale, ma l’ambiente era molto teso, la Lazio aveva appena vinto lo scudetto.
Un aereo sorvolò varie volte il cielo dell’Olimpico con striscioni inneggianti proprio questo scudetto e i tifosi all’Olimpico si innervosirono sempre più. .
Tra il primo e il secondo tempo accadde l’impensabile con l’invasione di campo del pubblico. Non si sa ancora oggi come mai le cancellate vennero aperte e una marea di persone distrusserono il campo, rompendo le porte, portando via a casa zolle del prato dell’Olimpico.
Quando Giannini tornò sul campo poté solo constatare l’impossibilità di continuare la partita e non poté giocare per l’ultima volta con la maglia giallorossa.
Pianse abbracciato a Bruno Conti e Francesco Totti e ai microfoni esclamò: ” Non doveva finire così!”
Sugli spalti venne esposto uno striscione improvvisato con su scritto: “SCUSA”
Impossibile per molti trattenere le lacrime per questa bandiera che ha indossato per ben 15 anni la nostra maglia, romano e romanista.
Giannini raggiunse con la Roma i seguenti traguardi :

– 319 presenze in serie A con 49 reti;

– 437 presenze totali tra campionato e coppe con 75 reti

– 3 coppe Italia : 83/84 85/86 90/91

– 15 stagioni con la maglia della Roma.

Dal luglio 2013 Giannini è entrato a far parte della Hall of Fame giallorossa.

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