Settembre 8, 2024

di Fabrizio Grassetti

Enrique Guaita, nato il 15.7.1910 in Argentina nella Città di Lucas Gonzales.

Le varie fonti consultate sono in disaccordo sia sul nome di battesimo del giocatore, da talune indicato come Enrique, da altre come Enrique Lucas e da altre ancora come Enrique Lucas Gonzales, sia sul giorno di nascita riportato da alcuni come il 15 e da altri come l’11 luglio, sia infine sul luogo di nascita: Nogoyà, Nogayè, Entre Rios, Lucas e Lucas Gonzales.

Gli accertamenti effettuati su Guaita hanno confermato che, come sopra indicato, il suo nome di battesimo è solo Enrique, che è nato il 15 luglio 1910 a Lucas Gonzales, Provincia di Entre Rios, Dipartimento di Nogoyà.

La città di Lucas Gonzales di circa 300.000 abitanti si trova a 117 km da Rosario ed a 160 km dal confine con l’Uruguay.

Il calciatore iniziò a giocare a pallone nella squadra locale del Lucas Gonzales Athletic Club,

per passare poi nelle giovanili dell’Estudiantes de La Plata.

Fece il suo esordio in prima squadra con i biancorossi nella stagione 1927, conquistando i tifosi quando realizzò il 12.4.1928 una tripletta contro i rivali dell’Indipendiente. Con l’Estudiantes, i cui giocatori venivano chiamati Los Professores, disputò 65 partite realizzando 32 reti.

Nel maggio del 1933 venne acquistato dalla Roma insieme al compagno di squadra Alejandro Scopelli Casanova e all’altro connazionale Andrés Armando Stagnaro, quest’ultimo proveniente dalla squadra del Racing di Buenos Aires. I tre Moschettieri, tutti nazionali argentini, che avevano acquisito fama mondiale per le loro ripetute prove di valore, divennero giallorossi grazie al paziente lavoro svolto da Nicolas Italo Lombardo, ex calciatore, che aveva giocato nella Roma dal 1930 al 1933, e che era un profondo conoscitore del calcio argentino. La comitiva, formata da Guaita e Scopelli con le rispettive mogli, da Stagnaro e da Lombardo, sbarcò a Genova dalla nave Duilio raggiungendo poi Roma in treno. Alla Stazione vennero accolti dai Dirigenti giallorossi e dal connazionale Arturo Chini Luduena. Quanto ai loro soprannomi argentini riportiamo quanto scritto da Saini sul libro, pubblicato a fascicoli, STORIA ILLUSTRATA DELLA ROMA.” I loro soprannomi erano motivo di curiosità per i giornalisti. In Sud-America, disse Guaita, tutti mi chiamavano LO INDIO. Sono curioso di sapere come mi chiameranno in Italia.

L’avrebbe saputo fra poco. Guaita diventò infatti, il celeberrimo CORSARO NERO. A sua volta Scopelli aggiunse: quanto a me, ero soprannominato EL CONEJITO, perché pare che io abbia il muso del coniglio. Se a Roma mi eviteranno questo nomignolo malizioso, ne sarò grato al pubblico. D’altra parte gli dimostrerò che non sono poi così coniglio…. Lo dimostrò ma il nomignolo gli restò appiccicato addosso. Il soprannome di Stagnaro era Il Tano, cioè l’italiano. Relativamente al soprannome italiano di Guaita lo stesso venne scelto da un apposito concorso bandito dal giornale IL LITTORIALE, che fu vinto da un certo Omero Renzi, che, insieme ad altri cinque concorrenti, aveva proposto quello di CORSARO NERO.

Il 15 giugno 1933 il trio italo-argentino debuttò a Testaccio nell’amichevole che vide la Roma affrontare il Bayer campione di Germania. Il match, molto combattuto, terminò con il punteggio di 4-3 per i lupi.

Il Littoriale valutò in termini positivi le prestazioni dei nuovi acquisti. Di Guaita scrisse che il giocatore aveva fatto vedere le armi di cui disponeva. “Con le fughe veloci, con il suo rapido stringersi al centro, ha fatto, più volte, mettere fuori palmi di lingua ai diretti avversari tedeschi”.

Nella stagione 1933-1934 l’allenatore romanista Luigi Barbesino impiegò Guaita in 25 partite da ala sinistra ed in 7 da centravanti.

Il Corsaro nero realizzò 15 reti. I primi due gol romanisti li mise a segno il 24.9.1933 in Fiorentina-Roma 1-3. La prima tripletta il 15.4.1934 in Roma-Genova 3-0 e la prima quadripletta il 26.4.1934 in Torino-Roma 3-6. Nel Derby di ritorno, terminato con un rocambolesco 3-3 (quello di andata a Testaccio era stato vinto dai giallorossi per 5-0) dopo che la Roma era stata in vantaggio di tre gol, l’attaccante andò in rete.

Scopelli, che secondo lo storico massaggiatore Angelino Cerretti è stato il calciatore di maggiore classe che la Roma abbia mai avuto, segnò 12 gol. La Roma concluse il campionato al 5 posto ed il suo attacco, con 56 reti, fu il terzo tra le quelli delle 18 squadre partecipanti al campionato.

L’attaccante giallorosso, dopo avere debuttato nella Nazionale Italiana B il 3.12.1933, esordì in quella maggiore il giorno 11.2.1934. Complessivamente giocò 5 partite con la Nazionale B e 10 con la Nazionale A.

Con gli azzurri si laureò, insieme ai compagni di squadra Ferraris IV e Masetti, Campione del Mondo nel 1934. Determinante fu il gol che realizzò il 3.6.1934 a Milano contro l’Austria nella semifinale del campionato.

Il riconfermato allenatore Barbesino, nel campionato 1934-1935, spostò definitivamente Enrique Guaita a centravanti. In questo ruolo l’attaccante seminò lo sgomento nelle difese avversarie, fulminando tutti i portieri delle squadre avversarie con le sole esclusioni di quelli che difesero le porte del Bologna, della Triestina e della Juventus. Nelle sue 29 presenze mise a segno 28 gol, che rimane il record di marcature nei campionati a 16 squadre. Con questo bottino vinse la classifica dei cannonieri, mettendo alle sue spalle Piola con 21 reti e Meazza con 19. Segnò 4 doppiette: al Brescia, al Livorno, al Palermo ed alla Pro Vercelli, e tre triplette: al Torino, alla squadra dell’Alessandria ed alla Pro Vercelli.

Per descrivere tutti i suoi gol occorrerebbe scrivere un libro, ma di alcuni non può mancare il racconto.

Su rigore, ma importante ai fini del risultato e perché si trattava di un derby, fu quello che siglò contro la Lazio con una staffilata imparabile.

Epico, per i motivi di cui si dirà, quello messo a segno a Milano contro l’Ambrosiana. Sotto il titolo L’ESPRESSO DELLA NOTTE, Saini scrisse “Sofferente per una contusione riportata a Londra nel match Italia-Inghilterra, Guaita fu lasciato a riposo benchè la squadra fosse in partenza per Milano, dove la attendeva l’Ambrosiana-Inter. I due undici erano a pari punti in classifica; l’incontro si profilava molto combattuto. Ma Guaita non si rassegnò. Il sabato sera, mentre ì suoi compagni erano già a Milano, si fece fare un’iniezione molto energica e andò a Termini, da dove partì con l’espresso della notte. La folla che gremiva l’Arena ebbe la sgradita sorpresa di vedere scendere in campo coi lupi anche il Corsaro Nero. Primo tempo a reti inviolate. Al 1’ minuto della ripresa Guaita, proprio lui, sgusciò via alla difesa nerazzurra come una saetta; scartato abilmente il portiere Cerasoli, uscitogli contro alla disperata, infilò la rete. Fu l’unico gol della giornata. La Roma vinse, grazie a Guaita, per 1-0. I giornali milanesi scrissero: “l’espresso della notte ha segnato un gol ed ha deciso tutto”.

Altri gol da descrivere. Il 27.1.1935 a Milano la Roma stava perdendo 4-2 contro il Milan. Masetti infortunato era stato sostituito in porta da Bernardini. La sconfitta dei giallorossi sembrava inevitabile, quando Guaita trascinò l’attacco alla riscossa e mise di persona a segno, di prepotenza, il quarto gol, dando ai lupi il pareggio.

Il 3.3.1935 la Roma affrontò a Testaccio il Napoli e lo travolse con un pesante 4-0. Guaita realizzò tre gol. Il Littoriale scrisse. “Fa pochi complimenti il nostro grande Corsaro Nero. Tratta con sveltezza il pallone, non si diverte, mira allo scopo come preoccupato di fare presto e tira in rete senza chiedere permessi. E’ il centravanti della nuova generazione”. In realtà sulle scene calcistiche italiane era comparso un nuovo grande attore, che lasciava da parte i fronzoli brillanti per andare subito al sodo.

Per la forza fisica dell’Indio portiamo la testimonianza di Vincenzo Biancone“.

Era un generoso combattente. Entrava in azione di petto, senza temere le mischie e le aggressioni, sfondava di petto. Un giorno mi disse (è sempre Biancone che parla) provi a darmi un pugno qui, e mi indicava appunto il petto. Restai alquanto perplesso, ma lui insisteva, allora gli sferrai decisamene il pugno richiesto. Mi feci male io; la mano mi fu respinta, come se avessi picchiato contro una lastra d’acciaio”.

Per concludere ricordiamo che in occasione dell’ultima giornata di campionato Pro Vercelli-Roma i giallorossi vinsero per 4-1 e Guaita mise a segno tre gol che lasciarono di stucco i piemontesi.

La Roma del Presidente Renato Sacerdoti si classificò al 4 posto in classifica superata dalla Juventus , dall’Ambrosiana e dalla Fiorentina. L’attacco giallorosso, principalmente grazie ai 28 gol messi a segno da Guaita ed agli 11 realizzati da Scopelli, fu il migliore del Campionato. Questa particolare classifica vide al primo posto la Roma con 63 reti ed al secondo l’Ambrosiana con 58 reti. La Juventus campione d’Italia mise a segno 18 reti in meno dei romanisti, chiudendo la stagione con 45 gol.

Terminato il campionato, la Roma, che come scritto, aveva avuto il migliore attacco del campionato, rafforzò la difesa con gli acquisti dei due terzini campioni del mondo Eraldo Monzeglio, prelevato dal Bologna e Luigi Allemandi, prelevato dall’Ambrosiana. Arricchì, inoltre, la rosa con Cattaneo, D’Alberto, Marini, Pastore e Subinaghi.

La squadra si presentava come una corazzata ed era di gran lunga la favorita per la conquista dello scudetto.

Del tutto inaspettatamente si verificò il 20 settembre 1935 la fuga romanzesca dall’Italia dei tre italo-argentini, timorosi di dovere Indossare la divisa coloniale italiana in un periodo nel quale era nell’aria lo scoppio della guerra in Etiopia.

Ad una settimana dall’inizio del campionato, la Roma, privata dei suoi due straordinari cannonieri, si trovò in grave ed imprevista difficoltà. Per sopperire alla mancanza di goleador di razza, schierò i romani Otello Trombetta e Giacomo Valentini. Arrivò anche ad impiegare a centravanti il terzino Andrea Gadaldi. Nel girone d’andata realizzò 16 punti, due contro la Lazio, segnando la miseria di 9 reti. Il girone di ritorno iniziò con lo stesso andamento. Nelle prime due giornate, la Roma conquistò un solo punto, senza segnare alcuna rete. Circostanza verificatosi anche nelle ultime tre partite del girone d’andata. Cinque partite senza gol scossero anche l’allenatore Barbesino che, su pressione di alcuni soci che seguivano il campionato riserve della Roma, si convinse ad inserire nell’attacco giallorosso il diciannovenne Dante Di Benedetti che, proveniente da un Collegio di Albano, era approdato nel settore giovanile giallorosso.

Fin dall’esordio del giovane attaccante del 9.2.1936 il suo impego si rivelò vincente. La squadra in 13 partite raccolse ben 22 punti segnando 23 gol, dei quali 7 messi a segno da Di Benedetti. Vinse a Napoli, a Firenze, a Palermo e violò per la prima volta lo stadio Comunale Benito Mussolini, campo di casa della Juventus. A Testaccio sconfisse tre le altre squadre il Bologna e la Lazio. Il campionato terminò con il Bologna primo in classifica con 40 punti e la Roma seconda ad un solo punto di distanza. Barbesino dichiarò che se avesse schierato anche una sola settimana prima Dante Di Benedetti lo scudetto non sarebbe sfuggito ai lupi. E’ lecito affermare che con Guaita, Scopelli e Stagnaro, per l’assegnazione del titolo di campione d’Italia, tra la Roma e le altre squadre non ci sarebbe stata lotta.

Rientrato in Argentina, Enrique Guaita giocò due stagioni nel Racing ( 57 partite con 31 reti), disputando ancora due partite con la Nazional.

Terminata la carriera agonistica diresse il Penitenziario di Bahia Blanca, dicendo (scherzando), che lui di fughe se ne intendeva e che quindi era in grado di prevenirle. Nella stessa città di Bahia Blanca e morto nel 1959 a 49 anni .

Enrique Guaita, nazionale argentino ed italiano, campione del mondo con l’Italia nel 1934, capocannoniere con la Roma del campionato italiano di serie A del 1934-1935, detentore con 28 reti del record dei campionati a 16 squadre, autore di 43 gol in 63 partite, con una media reti di 0,68 gol a partita, è stato certamente tra i giocatori romanisti più importanti della storia, ma è difficile perdonargli di avere privato la Roma di uno o più scudetti.

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