Thomas Hassler
di Roberto Cerrone
Thomas Hassler, nato il 30 maggio 1966 in una Berlino ancora divisa dal muro. La cicogna lo deposita nella parte occidentale e quindi lo rende un tedesco federale.
Piccolo, leggero, ma dotato di senso tattico e di un bel tiro da fuori, si fa strada e nel Colonia, sfiora per due volte il titolo nazionale, senza però, mai raggiungerlo. Questo non gli impedsce di entrare in nazionale e di vincere il titolo di campione del mondo nel nostro Olimpico di Roma, al fianco di due che sono già di casa con la maglia romanista, Voeller e Berthold. Tutti e tre scendono in campo nella finale.
A fine mondiali, è tesserato dalla Juventus e il buon Thomas si trova a giocare con una delle peggiori versioni della quadra di Agnelli, quella affidata a Luigi Maifredi. Terminato l’anno, approda a Roma, stagione 1991/92, dove trova Voeller ma non Berthold che è andato via, l’allenatore è Ottavio Bianchi. La Roma, gioca con la coccarda sul petto, quella della coppa Italia conquistata nella stagione precedente, la stessa in cui perdiamo, la seconda finale Europea, la Coppa Uefa contro l’Inter.
Nelle tre stagioni a Roma gioca costantemente sia con Bianchi che con Boskov, il suo impegno in campo lo fa presto diventare un beniamino del pubblico che l’omaggia con un coro personale italianizzando il suo nome in Tommasino (anche per le sue misure). Il gol del pareggio contro la Lazio nel suo secondo derby lo rendono immortale.
Al termine del suo trascorso romano, colleziona 118 presenze e 14 gol. Nel 1992, vestendo la nostra maglia, vince il titolo di miglior calciatore tedesco. È uno dei nostri magnifici 7 tedeschi della storia (compreso Holebas che nasce tedesco ma è naturalizzato greco) e uno dei 119 che hanno fatto gol nei derby.
Una curiosità, dopo averci lasciato, il buon Tommasino, ha continuato a giocare e poi ad allenare, al momento risulta alla guida di una squadra nella sua Berlino che non è l’Union e né l’Herta, bensì una amatoriale che si chiama Club Italia Berlino, è rimasto un po’ Italiano.