Dicembre 14, 2024

di Riccardo Diolaiuti

Juan Albero Schiaffino (Montevideo, 28 luglio 1925 – Montevideo, 13 novembre 2002) è stato un calciatore e allenatore di calcio uruguaiano naturalizzato italiano, che occupò i ruoli di interno sinistro e di regista.
È considerato uno dei più grandi calciatori nella storia del calcio. Molti lo ritengono il migliore calciatore uruguaiano di tutti i tempi. Occupa la diciassettesima posizione nella graduatoria dei migliori calciatori del XX secolo stilata da IFFHS. Giocò in club prestigiosi come Peñarol, Milan, Roma e vinse 5 campionati uruguaiani e 3 scudetti. Indossò le divise della Nazionale uruguaiana e di quella italiana. Protagonista del Maracanazo, fu campione del mondo nel 1950. Era soprannominato Pepe e in Uruguay fu anche ribattezzato El dios del fútbol.  
Schiaffino nacque a Barrio Sur, a pochi edifici di distanza dalla vecchia sede del Peñarol. Suo padre, Raúl Gilberto, era impiegato presso l’Ippodromo di Maroñas, e sua madre era una casalinga paraguayana. Il nonno paterno Alberto, originario di Camogli (Genova), emigrò nel Sud America agli inizi del Novecento ed aprì una macelleria. 
Ancora da bambino si trasferì a Pocitos dove cominciò a giocare a calcio. Inizialmente, non avendo entrate decenti, svolse anche altri lavori: il fornaio, il commesso in una cartoleria e l’operaio in una fabbrica di alluminio. Suo fratello maggiore Raúl, di due anni più vecchio, giocò come centravanti nel Peñarol, squadra nella quale poi lo raggiunse. Raúl fu capocannoniere della Primera División nella stagione 1945. 
Fu la madre, María Eusebia, a battezzarlo Pepe. Schiaffino era chiuso ed introverso. Tendeva a fare di testa sua, anche a livello professionale, creando a volte tensioni con i compagni e l’allenatore. Schiaffino fu probabilmente il primo calciatore a gestirsi gli ingaggi con criteri manageriali. Al Milan, nei giorni liberi da impegni, andava in Svizzera per occuparsi di speculazioni finanziarie.  
Riusciva ad ottenere ottimi profitti che poi reinvestiva, acquistando appartamenti e negozi. Nel 1962, terminata la carriera di calciatore, tornò a Montevideo e continuò a praticare affari nel settore immobiliare. Era amante della pesca. Si sposò con Angelica nel 1952, conosciuta 10 anni prima in autobus. La coppia non ebbe figli. Lei morì sei mesi prima di lui – che la seguì il 13 novembre 2002 a causa di un tumore, dopo aver passato gli ultimi mesi ricoverato in un ospizio. Il giorno della sua morte il Senato della Repubblica uruguayana gli fece un tributo. Tra lo stupore generale Jorge Larrañaga chiese che nell’ordine del giorno ci fosse uno spazio per rendergli omaggio: così fece un discorso come riconoscimento per la sua carriera. Fu sepolto nel Panteón de los Olímpicos, cimitero di Montevideo riservato ai calciatori uruguaiani campioni olimpici nel 1924 e 1928 e vincitori ai mondiali del 1930 e del 1950. 
Longilineo ed esile fisicamente, è stato un centrocampista completo e polivalente. In possesso di un talento ed una tecnica fuori dal comune, aveva il vizio del gol grazie ad un tiro preciso ma non troppo potente. Un interno sinistro molto abile nella rifinitura, dotato di un’ottima visione di gioco, in grado di leggere in anticipo lo sviluppo del gioco. 
Inizialmente schierato in posizioni offensive, dopo la vittoria ai mondiali in Brasile nel 1950 – ed in particolare nel corso della carriera italiana – si tramutò in regista, posizione che gli consentiva di dirigere la manovra e di dettare i tempi a tutta la squadra. Negli ultimi due anni, alla Roma, arretrò ulteriormente nella posizione di libero. È considerato l’inventore del tackle in scivolata, gesto tecnico che gli permetteva di rubare la palla agli avversari intervenendo da dietro. Nessuno conosceva all’epoca questo tipo di azione, nemmeno gli arbitri che gli fischiavano spesso fallo. Sin da giovane dimostrò di possedere l’intelligenza e la sapienza di un veterano.  
Oltre che nelle cronache degli “addetti al lavori”, l’intelligenza di gioco di Schiaffino è stata immortalata anche dal cantautore Paolo Conte in una delle sue più celebri canzoni, Sudamerica, inserita nell’album Un gelato al limon del 1979 ed in seguito interpretata anche da Enzo Jannacci, Ivano Fossati, Francesco De Gregori e Roberto Benigni. 

«… l’uomo che è venuto da lontano, ha la genialità di uno Schiaffino, ma religiosamente tocca il pane e guarda le sue stelle uruguaiane…» (dal brano Sudamerica di Paolo Conte)

Schiaffino diede i primi calci nei campi di Pocitos, spiaggia di Montevideo. All’età di 8 anni andò nella squadra del suo barrio, il Palermo. Era impiegato come ala destra. La sua prima squadra vera fu l’Olimpia, alla quale arrivò nel 1937. Poi fu la volta del Nacional, dove ebbe una breve esperienza.  
Nel 1943 il Peñarol organizzò un torneo a Las Acacias (barrio di Montevideo) per testare nuovi giocatori e, insieme al fratello Raúl, partecipò giocando per El Tigre, squadra di Pocitos. Grazie anche a Raúl, già nella rosa della squadra, fu selezionato ed entrò nel settore giovanile; l’anno seguente era già titolare. Si fece subito conoscere come il Piccolo Maestro, soprannome assegnatogli per distinguerlo da una vecchia gloria dell’epoca, José Piendibene, famoso come il Gran Maestro. 
Schiaffino vinse 5 titoli nazionali in Uruguay (1945, 1949, 1951, 1953 e 1954). Disputò 227 partite di campionato realizzando 88 reti. Inoltre, sempre con il Peñarol, vinse 5 tornei Competencia (1946, 1947, 1949, 1951, 1953) e 8 tornei Honor (1945, 1946, 1947, 1949, 1950, 1951, 1952, 1953). Pereyra Natero, Vidal, Míguez, Ghiggia, Enrique Hugo, González, Schiaffino, Varela, Possamay, Ortuño, Hohberg era la formazione titolare del Peñarol – considerata come più forte di tutta la storia del club – che vinse il titolo nazionale nel 1949. 
Grazie alle sue prestazioni ai mondiali del 1950 e del 1954 Schiaffino si fece conoscere in tutto il mondo e dall’Italia arrivarono diverse richieste. Il primo tentativo, del Genoa, non andò a buon fine: gli emissari rossoblù non conclusero la trattativa, perché reputarono il prezzo del calciatore troppo alto. In seguito fu il Milan a fargli la corte e questa volta ci fu l’accordo. L’incontro con Mimmo Carraro, allora dirigente dei rossoneri, si svolse a Hilterfingen, in Svizzera, nel ritiro della nazionale uruguaiana pronta a disputare i mondiali del 1954. 
Una volta ufficializzato il trasferimento – per la cifra di 52 milioni di lire – il quindicinale Peñarol di Montevideo titolò: «Se nos fué el Dios del Futbol. Irreparable perdida.» («Il Dio del pallone se n’è andato. Una perdita irreparabile.») Schiaffino arrivò in Italia quasi trentenne: la sua carriera però non era sul viale del tramonto, come credevano i dirigenti del Peñarol. 
Esordì con la maglia rossonera il 19 settembre 1954 in Milan-Triestina (4-0), partita nella quale realizzò una doppietta. Al primo anno vinse subito il campionato. Il 26 gennaio 1955, in occasione di Milan-Udinese – recupero della dodicesima giornata – Schiaffino fu accusato di aver rivolto gravi ingiurie all’arbitro Corallo. Secondo i rapporti dello stesso arbitro, il giocatore – strofinandogli davanti pollice ed indice – gli disse «Voi arbitri italiani siete tutti venduti». Per questo episodio fu squalificato per cinque giornate. 
Nel 1956 il Milan cambiò allenatore: prese Gipo Viani, con il quale ebbe un rapporto difficile. Spesso non seguiva i suoi ordini, andando alla ricerca del gol a discapito delle disposizioni tecniche. Con il Milan vinse tre scudetti (1954-1955, 1956-1957, 1958-1959) e una Coppa Latina nel 1956. Sfiorò la vittoria della Coppa dei Campioni nel 1958. Realizzò tre reti al Manchester United nelle semifinali e segnò all’Heysel uno dei due gol del Milan nella finale persa per 3-2 ai supplementari contro il Real Madrid di Alfredo Di Stefano. 
Proprio Di Stefano, in quel periodo, era suo antagonista per lo scettro di miglior calciatore del mondo. I suoi gesti tecnici erano apprezzati anche dalle tifoserie avversarie che gli dedicavano ovazioni spontanee. In totale con il Milan disputò 171 partite, marcando 60 gol. Il 5 maggio 1960 contro l’Atalanta fu la sua ultima partita con il Milan. Nel 1960 Schiaffino fu venduto alla Roma per 102 milioni di lire, una cifra considerevole per l’epoca. Alla notizia della cessione, la tifoseria milanista insorse. 
Prima di passare ufficialmente alla Roma nell’estate 1960, Schiaffino – al centro di una complicata ed intrecciata trattativa – fu protagonista di un equivoco durante il calciomercato dell’estate 1957. L’allora presidente giallorosso Renato Sacerdoti l’11 luglio diede in maniera affrettata l’annuncio dell’ingaggio – per la cifra di circa 100 milioni di lire – del giocatore, senza aver concluso l’affare con il presidente rossonero Andrea Rizzoli. 
Nei giorni successivi la società milanese decise che non avrebbe più venduto il calciatore uruguaiano e Sacerdoti fece ricorso alla Lega Calcio, reclamo rivelatosi infondato, considerato che non c’era nessun documento e tra i due presidenti ci furono solamente delle telefonate, e giustificato dal tentativo di placare l’insurrezione dei tifosi. Concluse la sua carriera alla Roma, giocando due stagioni, fino al 1962. A 35 anni il fisico non lo sosteneva più tanto, così arretrò trovando la posizione di libero, davanti al portiere. Anche alla Roma diede il suo contributo, vincendo già alla prima stagione la Coppa delle Fiere, anche se non giocò le due partite di finale. Con Manfredini ebbe un’ottima intesa. Complessivamente con i giallorossi disputò 47gare ufficiali (39 di campionato, 1 di Coppa Italia e 7 di Coppa delle Fiere ), mettendo a segno 3 gol tutte in serie A, rispettivamente al Milan ed alla Fiorentina all’Olimpico e all’Inter a San Siro: Con questo gol, realizzato alla quindicesima giornata il 15 gennaio 1961, al 37’ minuto pel primo tempo, la Roma, scesa in campo senza Guarnacci e Losi, rimasti infortunati nella storica Roma-Sampdoria della settimana precedente, finita 3-2 per i capitolini, con il gol decisivo messo a segno da Giacomo Losi, da allora “CORE DE ROMA” andò al riposo da prima in classifica scavalcando i nerazzurri di Helenio Herrera. Da dimenticare il risultato finale della partita. Da ricordare il gol di “Pepe“ Schiaffino. A testa alta, come era uso giocare , avanzò palla al piede per svariati metri fiancheggiato sulla sinistra da Manfredini che puntava la porta attirando su di sé i difensori interisti, quando giunto al limite dell’area, dopo avere fintato un passaggio a ”Pedro”, l’uruguagio tirò in porta un pallone angolato che finì in rete sorprendendo il portiere Buffon. In questo gol gol emersero tutte le migliori caratteristiche del campione del mondo, per Giancarlo De Sisti “uno dei più grandi campioni della storia del calcio, uno dei miei idoli, che mi insegnò a muovermi intuendo ciò che voleva fare l’avversario ….. Schiaffino è stato il mio maestro” Davvero non è necessario aggiungere altro!

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