Settembre 16, 2024

Odoacre Chierico, nato il 28 marzo 1959 a Roma!

Festeggiamo, chiariamolo subito, un campione d’Italia.

Campione d’Italia di una delle edizioni più belle della Roma (per me la più bella!), quella del quinquennio 1979-1984, con Dino Viola presidente e Nils Liedholm allenatore.

In quella Roma Odoacre Chierico arriva, anzi torna, era già stato da noi a 13 anni, nel 1981, laureandosi Campione d’Italia nel 1983, finalista di Coppa dei Campioni nel 1984 e subito dopo vincitore con la Roma della Coppa Italia nel 1984.

Arriva a ventidue anni quando la Roma riscatta la metà del cartellino di proprietà del Pisa (l’altra era dell’Inter: la Roma acquisirà tutto il cartellino del giocatore l’anno successivo).

Sotto la torre pendente nella squadra del presidente Anconetani Dodo Chierico aveva giocato in serie B due anni brillanti campionati, da centrocampista più che da ala, dal 1979 al 1981 (58 gare e 7 reti in campionato, oltre a sei presenze in Coppa Italia), allenato da Meciani, Sergio Carpanesi e Chiappella (Anconetani, un mangi allenatori…) il primo anno, da Lauro Toneatto il secondo (il Pisa arrivò settimo, risalirono in A il Milan, il Genoa di Scoglio, il Cesena).

Nella Roma più bella Dodo arriva quindi nell’estate del 1981, con la Roma ancora scossa per aver sfiorato lo scudetto che avrebbe strameritato, sottrattole dalla sorte (già, il gol di Turone e tanti altri episodi che fecero discutere il neonato Processo del lunedì per intere puntate).

In realtà la Roma aveva compiuto un salto, impensabile, era tra le grandi: una dimensione che, anche in stagioni più sofferte, sembra non averla più lasciata.

Erano arrivati Nela e Marangon, per rendere più proficue le sovrapposizioni e anche la fase difensiva, almeno per Sebino, oltre a Carlo Perrone (da allora, l’ultimo scambio fatto con la Lazio, che prese De Nadai).

Odoacre arrivava per arricchire il novero delle ali in organico, in aggiunta a Bruno Conti e Roberto Scarnecchia.

Le prime partite furono scintillanti, tutto il primo periodo, quando Liedholm, appunto, da centrocampista gli assegnò il ruolo, diremmo oggi, di esterno offensivo.

Dodo segna il primo gol in Europa in Coppa delle Coppe fuori casa contro il Ballymena, sbloccando la partita nella ripresa (2-0 per la Roma), e segna la domenica successiva il suo primo gol giallorosso in serie A con la Roma a Cesena, alla seconda giornata, ma non basta.

La Roma domina quella come la prima partita, quando Pruzzo aveva mancato un rigore nello 0-0 casalingo all’esordio contro l’Avellino, ma ne viene fuori un altro pareggio, 1-1.

Tra le due partite, un’amichevole a Nettuno.

Andavo ancora al liceo e i miei, insegnanti, pur essendo cominciata la scuola, visto che si prolungava la bella stagione preferirono allungare di qualche settimana la permanenza vicino Anzio, dove avevamo la seconda casa, facendo avanti e indietro tutti con treni e autobus.

Accettai di buon grado la decisione, perché avevo l’occasione di andare a vedere la Roma da vicino, a Nettuno, la mia Roma.

Fu per me un pomeriggio meraviglioso, ebbi l’autografo dal mio adorato Barone Liedholm, pur senza riuscire a dire ah (stessa cosa con Falcao: era sul pullman seduto e mi avvicinai il più possibile e semplicemente lo guardai come si guarda un proprio beniamino, tanto intensamente che la domenica dopo fece la doppietta decisiva nel 2-1 all’Olimpico contro il Cagliari!).

Ma di quella partita di allenamento (7-0) ricordo la tribuna estasiata da Odoacre Chierico.

Figuriamoci, avevamo Bruno Conti, e Scarnecchia, a volte un po’ caotico, era reduce da una stagione esaltante, velocissimo e in continuo miglioramento.

Ma che cosa era Chierico, appena arrivato. Intanto, era una freccia, era velocissimo. Aveva un controllo di palla fantastico, era imprevedibile, era continuo, e veniva anche da due gol di seguito.

È stato, in quei quattro anni, un giocatore prezioso, di ottima tecnica, ma quando arrivò era splendente.

In quegli anni, ripensiamo a gol meravigliosi, a qualche dispiacere.

Tra i dispiaceri, i due infortuni a Carlo Ancelotti al ginocchio; il primo nel 1981-82, alla sesta partita di andata, il secondo nel 1983-84, alla undicesima, a Torino contro la Juventus divenuta la Classica di alta classifica dei primi anni Ottanta.

Quei due infortuni macchiarono due giornate che potevano essere senza nubi, speciali e luminose.

Due giornate comunque illuminate da due dei gol più belli della storia della Roma, tra i più belli ed emozionanti di quella squadra; quei gol dopo i quali non si sa come esultare perché ogni esultanza è troppo poco per esplodere la gioia esaltata dallo stupore e dalla meraviglia.

In quei gol indimenticabili una fiamma, la chioma rossa di Dodo Chierico ne colora il ricordo, la sua classe ne definisce i contorni.

Dodo entra in quelle azioni magiche come Magica è la Roma.

Corro a rivedere su youtube, ma poi sono i ricordi vividi e diretti di quei momenti così emozionanti ad avere la meglio (non sempre è così: a volte i filmati prevalgono e si fissano come ricordi “prevalenti”).

Il primo gol, il 25 ottobre del 1981, in un Olimpico gremito per l’arrivo dell’ottima e ambiziosissima Fiorentina di patron Pontello (sono arrivati Pecci, Graziani), allenata da Picchio De Sisti, che arriva senza ancora aver subito un gol.

Anche chi vi scrive era lì, minorenne, e con il mio abbonamento di curve avevo scelto la Nord, in quello che ora è il settore Distinti (le Curve, all’epoca, andavano da Tevere a Monte Mario): mi piaceva vedere la Sud dall’altra parte, averla di fronte, e avere più vicina la panchina della Roma (guardare il Barone in panchina mi rassicurava!);

poi potevo conquistare un posto migliore, la Sud si riempiva subito e molto presto!

Roma-Fiorentina, sessantamila spettatori: una cornice di pubblico entusiasmante.

La Roma al venticinquesimo va in vantaggio, ha segnato Ago con una bomba ben lontana dall’area su punizione che inganna il portiere gigliato Giovanni Galli, sbattendo forte al limite dell’area piccola.

Quel gol libera Agostino, dopo una settimana turbolenta di voci e polemiche perché la Roma aveva perso l’andata degli ottavi di Coppa delle Coppe a Oporto per 2-0 (Chierico era stato tra i migliori).

Il vantaggio e lo stadio festoso leniscono la preoccupazione per l’uscita anticipata già al nono minuto di Carletto Ancelotti.

La Roma gioca bene e riparte dal limite della sua area, verso la Sud, una decina di minuti dopo il primo gol.

Falcao, prende la palla. Falcao l’accompagna, e sceglie, anziché sviluppare il gioco e i triangoli in una squadra che non fermava mail la palla secondo tempi di gioco sublimi, di portarla arrivando a centrocampo, spostandosi sulla destra, sotto la Tevere.

Accarezzando la palla, ondeggiando e preoccupando gli avversari che avevano cercato le coperture di tutte le nuove possibilità di gioco, Falcao a metà campo verticalizza, centralmente.

La chioma rossa va incontro leggera, veloce e di prima intenzione allarga di destro, una giocata alla Totti (ora lo sappiamo) con un passaggio preciso deciso, con i giri giusti, verso Nela, già avvezzo – lui mancino – a giostrarsi a destra, addestrato da Nils.

La musica di quell’azione è suonata ora da Sebino che fa scorrere dal destro al sinistro il pallone, rientrando, e premiando con un dolce e perfetto passaggio in area il consueto inserimento di Falcao in area, spostato a destra, un po’ avanti alla palla e che fa…che fa!, ma che fa!, di tacco, di tacco, tutti siamo con le punte dei piedi e le cosce tese sui seggiolini, gli occhi spalancati, frementi per il gesto…

Di tacco il destro serve all’indietro a centro area per l’avvento puntuale, implacabile, infallibile, del nostro Bomber Pruzzo che di testa completa l’opera d’arte per il tripudio dell’Olimpico!

GOL!!!!!!!!!

La Roma vincerà 2-0, nel secondo tempo la squadra controllerà la gara; la Roma, e tutto lo stadio, erano riempiti e svuotati, a un tempo, da quel gol superlativo!

Ora andiamo a Torino, siamo campioni d’Italia, la Roma è qualificata già per i quarti di finale di Coppa dei Campioni.

È arrivato Tonino Cerezo, ma dopo un avvio scintillante segue un periodo di appannamento (gol di Zico nel finale a Udine per l’1-0 friulano, un pareggio casalingo sofferto per l’Ascoli, nuova sconfitta di misura con l’Inter di Radice a Milano).

Si gioca contro la Juventus di Platini, Boniek, Paolo Rossi.

La Roma gioca bene, infine va in vantaggio al quindicesimo della ripresa. Bruno Conti segna un fendente da fuori area, una rasoiata di sinistro che sorprende il portiere Tacconi.

In pochi minuti, esattamente come l’anno prima, quando due volte il vantaggio giallorosso fu ribaltato da vittorie anche rocambolesche e non rispondenti all’andamento della gara da parte della Juventus, si ripresenta l’incubo.

Platini con una punizione magistrale e Domenico Penzo, l’ex giallorosso, poco dopo, approfitta di un malinteso davanti a Tancredi: manca poco e siamo ancora sotto, sembra una maledizione, e Carletto Ancelotti si è fatto pure male.

La palla è alla Roma, ecco, ce l’ha Sebino, è poco oltre la metà campo, la Roma è in attacco.

Il sinistro di Sebino, dolce come sempre, arriva al limite dell’area bunker bianconera, dove a saltare, spalle alla porta, è Dario Bonetti, nostro giovane difensore centrale rientrato alla base dopo il fugace prestito di Pietro Vierchowod dalla Samp nell’anno dello scudetto.

Dario Bonetti ha la meglio nello stacco e serve proprio Dodo Chierico, fuori area, sulla destra.

La palla è in volo, schizzata e viene accolta con uno stop di petto perfetto, mentre Michel Platini si prova a contrastare il nostro Rosso.

Dodo Chierico allora, di fronte a Le Roi Michel, senza far scendere la palla a terra la delizia, scusate: ci delizia, con un sombrero a scavalcare il nobile avversario e di prima intenzione la rimette al centro area.

Lì la palla è un po’ indietro rispetto a Bomber Pruzzo, che è del tutto spalle alla porta, ma vi si avventa, il Bomber, come se fosse davanti la porta, e da dove gli viene! ma come ha fatto solo a pensarci, sfodera avvitandosi una rovesciata superlativa, invertendo l’ordine di ogni cosa terrena e spedendo all’angolo alto in gol!

Gol!!

Tacconi va sbattere nel tentativo estremo di contrastare la Bellezza contro il palo, e ne avrà per qualche settimana prima di rientrare.

Ecco, in queste due azioni c’è tutta la classe e ci sono tutte le potenzialità di Dodo Chierico.

Classe e simpatia: tanto da partecipare a ben tre film sul calcio, ovvero “L’allenatore nel pallone”, con Lino Banfi, “Mezzo destro e mezzo sinistro”, con Gigi e Andrea, dove gioca a tennis con Ancelotti, nella miniserie sul Grande Torino dove insegna i fondamentali a Giuseppe Fiorello che doveva interpretare Valentino Mazzola.

Laureato come Dottore Veterinario, Dodo si è sempre dimostrato un campione di umanità e di sensibilità.

Nel 2018, ad esempio, lascia il suo incarico nella sua Roma dopo tre anni di collaborazione come tecnico dello staff della squadra Primavera di Alberto De Rossi, per lasciare tranquillo il suo figliolo Luca arrivato proprio in Primavera e per evitare a lui e alla squadra qualsiasi imbarazzo: un gesto bellissimo (“L’ho fatto per mio figlio, per Alberto De Rossi e per il bene della Roma”, dirà Odoacre), visto che Odoacre Chierico è sempre stato legatissimo alla Roma.

Magari … non da ragazzino! Ingaggiato dalla Roma a soli tredici anni, preferiva spesso saltare l’allenamento per rimanere a giocare alla Montagnola con gli amici.

Il Mister lo lasciava fuori dall’undici, ma poi, se entrava, brillava e faceva gol.

Ma non era il momento giusto, e andò poi alla Stefer, nella Allievi della storica squadra della Capitale, che giocava nei primi anni Settanta a Campo Roma insieme alla Romulea, a via Farsalo, a San Giovanni, a centro metri da casa mia di allora.

È Aldo Pasquali, poi Dirigente nella Roma di Dino Viola, a cederlo all’Inter, dove Dodo arriva a sedici anni, giocando nelle squadre giovanili.

Nel 1978, nel girone di ritorno, il 26 febbraio 1978 l’esordio avviene proprio all’Olimpico in Serie A, contro la Lazio di Vinicio; Eugenio Bersellini, in un Inter che punta sui giovani dopo l’addio di Sandro Mazzola, lancia Dodo con la maglia numero dieci!

Dopo 62 minuti, Odoacre lascia il posto a Merlo; la Lazio vincerà nel finale, a tre minuti dalla fine con gol di Sergio Clerici.

Chierico è giovanissimo; in due anni, all’Inter che lo cederà, come detto, in prestito e poi in comproprietà al Pisa, diciotto gare in serie A, cinque in Coppa Italia e quattro in Coppa delle Coppe, con la prima rete europea per Dodo a soli 19 anni contro il Floriana La Valletta.

Con l’Inter, Dodo vince la Coppa Italia nel 1978, giocando la finale all’Olimpico proprio nel periodo dei mondiali in Argentina del 1978, vincendo contro il Napoli 2-1 con gol di Graziano Bini nel finale, quando Chierico aveva sostituito Fedele dal cinquantottesimo minuto.

Vinicio lo vide esordire, da avversario; e, dopo la Roma, nel 1985, è da allenatore dell’Udinese che accoglie Chierico all’Udinese, dove Dodo rimarrà tre anni, l’ultimo in serie B dopo l’inopinata penalizzazione di 9 punti (la vittoria ne valeva due) che la squadra poi passata nel finale della stagione precedente a Picchio De Sisti non seppe recuperare, nonostante l’acquisto di Ciccio Graziani.

All’Udinese Chierico giocherà in due anni 51 gare di serie A marcando 4 reti, poi 23 partite di serie B (1 gol segnato), oltre a undici partite di Coppa Italia con due gol realizzati.

Nel 1988 Dodo arriva, a ottobre, a Cesena, dove contribuisce alla salvezza dei romagnoli (20 partite in campionato), l’anno dopo è ad Ascoli, sempre in Serie A (15 partite), senza poterne evitare la retrocessione.

Finisce presto la carriera, Odoacre Chierico, avendo perso un po’ di smalto e i palcoscenici che gli competevano, chiudendo con due stagioni, una al Barletta (1990-91, undici gare in serie 😎 e al Gubbio, in serie C2 nel 1991-92 (11 partite).

Ma la parte migliore della carriera di Dodo è stata in quei quattro anni nella sua Roma, iniziati in modo scintillante, nel 1981-82 (quell’anno ben 29 presenze su trenta gare di Serie A, con due gol, oltre a quello già ricordato al Cesena, Dodo segna all’Olimpico contro il Torino, inoltre in Coppa Italia nei quarti contro l’Inter battuta 4-1 l’8 dicembre dalla Roma poi rimontata senza Chierico in campo e eliminata a San Siro prima di Natale sconfitta per 3-0).

Negli anni successivi Dodo è di fatto un dodicesimo giocatore, Iorio prima e Graziani poi ne limiteranno le presenze; segna nell’anno dello scudetto a Napoli il gol della bellissima vittoria esterna per 3-1, e il gol del momentaneo vantaggio a Torino contro la Juventus, alla settima di andata.

Dopo un’annata difficile, di adattamento alla nuova gestione di Eriksson, senza Di Bartolomei e con tanti infortuni, Dodo Chierico lascerà la Roma nel 1985 per l’Udinese, dopo aver declinato l’offerta del Milan l’anno prima, dove erano arrivati proprio Ago e il Nils Liedholm.

Rimane sospeso quel quinto rigore contro il Liverpool, nella di Coppa di Campioni, divenuto inutile e che toccava proprio a Dodo Chierico: sospeso come l’attesa di una nuova occasione per conquistare il massimo trofeo continentale.

I numeri riepilogativi di Dodo Chierico con la maglia giallorossa: 77 gare in Serie A con 6 gol, 21 in Coppa Italia e tre gol segnati, 21 partite nelle Coppe Europee (un gol).

Dopo un’esperienza anche nel calcio a cinque con Sebino Nela nel Marino, Dodo ha intrapreso la carriera di allenatore.

Prima delle giovanili della Roma (2015-2018), Dodo aveva allenato Astrea, Guidonia, Pomezia e Potenza, dopo aver iniziato con i più piccoli a livello locale.

Oggi gli facciamo gli auguri, per la sua carriera e magari per un rientro nella Roma, per il suo ragazzo Luca ora alla Reggina, ripensando a momenti indimenticabili e alle emozioni che ci ha regalato il nostro campione d’Italia: buon compleanno Dodo!

About Author

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *